Il tempo, lo sbaglio, lo spazio


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Gino De Dominicis è presente al Forte Malatesta di Ascoli Piceno fino al 27 marzo 2022 con la mostra “Il tempo, lo sbaglio, lo spazio” da cui è tratto il tema di quest’ultima edizione a cura di Andrea Bruciati. L’esposizione, che vuole essere un omaggio al grande artista anconetano, indaga il suo sguardo utopico, la sua ironia dissacrante, il suo gusto per il paradosso, la sfida alle leggi della fisica e l’immortalità del gesto, attraverso una selezione di artisti ed opere che si muovono partendo proprio dalla poetica di De Dominicis.

L’opera di Gino De Dominicis è centrale nel porre in relazione estetica e utopia attraverso cui si ridefiniscono concetti come libertà, desiderio, mutamento, progetto, che si sono rivelati nella contemporaneità fondamentali nella messa a punto di qualsiasi prospettiva. Le opere del Maestro, riflettono da un lato le inquietudini e gli smarrimenti dell’arte italiana postbellica, sin dai suoi esordi, dall’altra possono essere considerate come isole che affiorano al visibile di una realtà incompiuta. Di questo cambiamento di rotta Gino De Dominicis è interprete fondamentale, diventando un caso storiografico che solo recentemente ha mostrato le reali influenze che ha avuto e le modalità di approccio interpretativo: protagonisti come Emilio Villa e il suo recupero del primordiale, così come Giorgio de Chirico, Lucio Fontana, il giovane Piero Manzoni o i poco più che coetanei Giulio Paolini, Emilio Prini, Vincenzo Agnetti, Mario Schifano riflettono da un lato il suo vitale opportunismo, dall’altro la coerenza di un essere sempre e comunque anti-sistema.

Gino De Dominicis, Senza titolo, 1966, china su carta, Collezione privata, Conegliano, © Gino De Dominicis by SIAE, 2018

C’è un’opera che più di ogni altra rivela i processi creativi dell’artista da cui prende le mosse il titolo e il concept della mostra del Premio Marche: è, appunto, “Il tempo, lo sbaglio, lo spazio” che l’artista presentò per la prima volta nel 1970 in occasione di una sua personale alla Galleria L’Attico a cura di Maurizio Calvesi. Uno scheletro umano giace a terra in posizione supina e indossa pattini a rotelle, al suo fianco lo scheletro di un cane di piccola taglia che si potrebbe definire come opera fondante per De Dominicis dove annota pensieri sulla vanità umana, la sua stoltezza e infine la morte, il grande mistero. Quest’opera è stata oggetto di varie dissertazioni filosofiche sulla vanità, la vulnerabilità umana, la morte appunto, ma i percorsi interpretativi devono rendere conto anche degli elementi sensibili, della forma che si sposa con il contenuto, per renderla intellegibile. Si connota quale centro focale per ristabilire i rapporti come quelli evidenziati in mostra che giustappongono le opere del maestro marchigiano a quelle di protagonisti della storia dell’arte quali Giorgio de Chirico, Scipione, Lucio Fontana ad artisti dalla sensibilità poverista come Vincenzo Agnetti, Marisa Merz, Pino Pascali, Adriano Altamira, Emilio Prini, Alighiero Boetti, Michele Zaza ad altri emersi nella corrente transavanguardista quali Francesco Clemente, Sandro Chia, Enzo Cucchi, Mimmo Paladino insieme a lavori di artisti contemporanei come Maurizio Cattelan, Stefania Galegati, Maurizio Mercuri, Paola Pivi, Diego Perrone, Pietro Roccasalva e alle giovani generazioni rappresentate da Lorenzo Morri, Alessandro Fogo e Giulio Frigo, dove il filo conduttore è quella sintesi evocativa delle profondità dell’inconscio attraverso un’immagine rielaborata o una figura collocata in uno spazio incongruo presente anche in De Dominicis.

A corredo, secondo la tradizione della manifestazione, è allestita anche la mostra dei tredici artisti marchigiani vincitori della Rassegna regionale 2018, con le opere esposte nella Pinacoteca Civica di Ascoli. Sono quelle di Franco Alessandroni, Iuliia Bazyaeva, Anthony Bufali, Giulio Catelli, Sandro Ciriscioli (vincitore del Premio della critica “Alfredo Trifogli”, Stefano Dania, Andrea Fabietti, Francesco Gioacchini, Bruno Marcucci, Hisako Mori, Riccardo Ruggeri, Paolo Sacchini, Federico Sinatti. La mostra è curata da Paola Ballesi.

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