Alessandro Valeri. An Iron Ring


Stampa

Nella Sala Carlo Scarpa del MAXXI, Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma, fino al 26 gennaio è visibile la mostra “An Iron Ring”, un progetto di Alessandro Valeri a cura di Fiorella Bassan e Giorgia Calò.

Questa mostra chiude il cerchio di un percorso di ricerca artistica e personale iniziato nel 2011, quando Alessandro Valeri visita per la prima volta l’orfanatrofio di Zippori, vicino Nazareth. L’istituto, gestito da suore cattoliche con volontari ebrei musulmani e cristiani, accoglie bambini di ogni religione e cultura. L’orfanotrofio, appare fin da subito a Valeri un’isola di tolleranza e collaborazione interreligiosa. Questo incontro lo segna profondamente: la casa di accoglienza diventa per lui un simbolo, il totem di una “promessa di felicità” che può esistere al di là del presente stato delle cose. Gli appunti fotografici, filmici e audio che prende nelle sue visite sono il materiale vivo da cui scaturisce, nel 2015, Sepphoris, al Molino Stucky, per la 56esima Biennale di Venezia. La mostra segna anche l’impegno concreto dell’artista a realizzare il cambiamento, attraverso la donazione delle sue opere all’istituto.

La mostra si struttura in quattro momenti, legati tra loro da anelli narrativi che restituiscono al pubblico la storia di questo percorso artistico nella sua complessità.

La prima tappa è il video “Sepphoris”, in cui le immagini, ripetute in loop e in forte contrasto tra loro, contrasto sottolineato con forza dal suo sound design, creano un senso di attesa, di tensione, destinato a non sciogliersi. Ai piedi del video è collocata un’installazione site specific, composta da 80.000 mezze matite spezzate, sulle quali il visitatore è invitato a camminare e a riflettere sulla condizione di disagio che molti bambini nel mondo soffrono. Al centro della sala ci sono le grandi opere foto-pittoriche su tela che erano protagoniste assolute della prima installazione veneziana. Le immagini, sulle quali l’artista interviene gestualmente con segni e colori, fissano particolari dell’ambiente decontestualizzati, che potrebbero essere ovunque, se non fosse per alcune foto che forniscono una chiave di lettura, come la porta chiusa con la scritta in ebraico “miklat”, “rifugio”, che ci ricorda che siamo in una zona a rischio. L’unica immagine contenente una presenza umana è quella che ritrae una fila di bambini schierati sul campo di calcio, come all’inizio di una partita. La mostra prosegue con il recente lavoro Curiosa Cabinet, serie di mini lightbox di metallo sensibili al passaggio dello spettatore, contenenti ciascuna una foto stampata su vetro/zaffiro Apple. Accanto a questi piccoli schermi ci sono calchi in lattice, sculture del dito indice e pollice della mano destra dell’artista, le dita che si usano per scattare una fotografia ma anche il dito che si punta contro quando si vuole dare un avvertimento.

A chiudere il percorso, il neon parlami di te: dopo aver visto, interagito e ascoltato, ora tocca allo spettatore raccontare, in cui la neutralità del neon esprime la posizione di non-giudizio assunta dall’artista.

Sono inoltre previsti laboratori didattici quotidiani per le scuole primarie e secondarie condotti dall’artista stesso.

Share Button

Informazioni su Anselmo Villata

Caporedattore dell'Agenzia Stampa Verso l'Arte, Vice Presidente Internazionale dell'Associazione Internazionale dei Critici d'Arte, Docente presso la 24Ore Business School e presso la Giunti Academy, Curatore, Critico d'Arte, Saggista, Cultural manager e Cultural planner orientato alla promozione e alla valorizzazione dei Beni Culturali con un'ottica all'interdisciplinarità e alle collaborazioni internazionali.