Francesco Gentilini. Istanti


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Francesco Gentilini, Lambretta, 1988, olio su tela, cm 70×100

Fino al prossimo 5 giugno è possibile visitare alla Biblioteca del Daverio a Milano, la mostra “Francesco Gentilini. Istanti”, realizzata a cura di Philippe Daverio, che propone una selezione di oltre venti oli su tela realizzati dagli anni Ottanta ad oggi dall’artista, che da sempre affianca alla professione di architetto l’attività artistica.

I lavori esposti, dal taglio fotografico, fissano sulla tela attimi e scene di vita quotidiana che Gentilini recupera attingendo dal suo vissuto, da viaggi e ricordi, e che unisce a suggestioni provenienti da altri linguaggi come l’architettura, la musica, il cinema, la scrittura.

Nascono opere caratterizzate da un’atmosfera sognante, con rimandi a scenari americani, in cui l’artista inserisce elementi legati alla cultura italiana e alla sua terra d’origine, l’Emilia Romagna, oltre a riferimenti a numerose città europee. Lo si osserva in mostra nelle tele che descrivono le spiagge dell’Adriatico (Sapore di Sale), lo scorcio di una piazza di Modena (La Panchina), i giochi di luce sulle facciate delle case di Londra e Parigi, i paesaggi spagnoli assolati dove enormi silos dominano l’immagine.

Nei lavori di Gentilini le persone sono ritratte come se stessero interpretando un film, all’interno di una scenografia surreale; l’artista racconta storie di vita diverse, in una varietà di luoghi e situazioni, dal barista assorto nella preparazione di un caffè (Mai il primo, ore sei del mattino), alla solitudine dell’ultimo avventore di una sala da biliardo (È tardi si chiude!), dalla “vita spericolata” di Vasco Rossi alle commissioni di un bambino in bicicletta (Tre sigarette).

Passione e fantasia popolano le tele di Gentilini che collegano tra loro situazioni vissute e oggetti osservati in tempi diversi, personaggi che rivivono istanti del passato e rivelano, nel presente, novità inattese, nascoste, che vengono alla luce e raccontano una nuova storia.

Accompagna la mostra un catalogo, in italiano e inglese, con testo critico di Philippe Daverio.

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