Orlando Furioso 500 anni. Cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi


Stampa
Tiziano Vecellio, Il baccanale degli Andrii, c 1522-24

Tiziano Vecellio, Il baccanale degli Andrii, c 1522-24

La mostra “Orlando Furioso 500 anni. Cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi” a Palazzo Diamanti di Ferrara da domani all’8 gennaio 2017, è curata da Guido Beltramini e Adolfo Tura ed è organizzata da Fondazione Ferrara Arte e MiBACT Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.

Questa mostra, che celebra i 500 anni della pubblicazione dell’“Orlando furioso”, la cui stampa avvenne proprio in una officina tipografica ferrarese nel 1516, scaturisce da certe curiosità legate ai pensieri di Ludovico Ariosto quando componeva il poema.

Più che una ricostruzione documentaria, l’esposizione è una rassegna d’arte vera e propria: una straordinaria narrazione per immagini capace di condurre il visitatore in un viaggio appassionante nell’universo ariostesco, tra battaglie e tornei, cavalieri e amori, desideri e incantesimi.

A guidare il viaggio sono i capolavori dei più grandi artisti del periodo, da Paolo Uccello ad Andrea Mantegna, da Leonardo da Vinci a Raffaello, da Michelangelo a Tiziano a Dosso Dossi, oltre a sculture antiche e rinascimentali, incisioni, arazzi, armi, libri e manufatti di straordinaria bellezza e preziosità; creazioni capaci di fare rivivere il fantastico mondo cavalleresco del Furioso e dei suoi paladini, offrendo al contempo un suggestivo spaccato dell’Italia delle corti in cui il libro fu concepito.

Quali immagini, dunque, passavano nella mente di Ariosto, chiudendo gli occhi, quando si accingeva a raccontare una battaglia, un duello di cavalieri o il compimento di un prodigioso incantesimo? Quali opere d’arte furono le muse del suo immaginario visivo? Il lavoro, condotto dai curatori, affiancati da un comitato scientifico composto da studiosi di Ariosto e da storici dell’arte, è stato orientato a individuare i temi salienti del poema e a rintracciare, puntualmente, le fonti iconografiche che ne hanno ispirato la narrazione.
Così, grazie al sostegno dei maggiori musei del mondo, le opere conosciute o ammirate dal poeta, sono in questa occasione riunite a Ferrara per dare vita ad un appuntamento espositivo irripetibile: dall’olifante dell’XI secolo, che la leggenda vuole sia il corno di Orlando che risuonò a Roncisvalle, alla straordinaria Scena di battaglia di Leonardo da Vinci proveniente da Windsor; dalla preziosa terracotta invetriata dei Della Robbia raffigurante l’eroico condottiero Scipione dal Kunsthistorisches Museum di Vienna, al romantico, trasognato Gattamelata di Giorgione dagli Uffizi, celebre comandante di ventura ritratto nella sua luccicante armatura moderna; dal raffinato dipinto di Andromeda liberata da Perseo di Piero di Cosimo degli Uffizi, fonte dell’episodio di Ruggero che salva Angelica dalle spire del drago, all’immaginifica e monumentale visione di Minerva caccia i vizi dal giardino delle virtù di Andrea Mantegna del Louvre, che Ariosto vide nel camerino d’Isabella d’Este, le cui figure fantastiche ricompaiono nel corteo di mostruose creature incontrato da Ruggero nel regno di Alcina.
Ariosto assiste alla rivoluzione linguistica della pittura, vedendo di persona le opere di Michelangelo e Raffaello che lo stesso Alfonso I d’Este, signore di Ferrara, brama di possedere. Del resto Ariosto è coinvolto nella nascita dei dipinti che artisti come Dosso o Tiziano dipingono per Alfonso: essi in mostra sono rappresentati dal Baccanale degli Andrii di Tiziano, uno dei capolavori del Camerino delle pitture di Alfonso che torna in Italia dopo quasi cinquecento anni dalla sua creazione, grazie ad un prestito eccezionale concesso dal Museo del Prado.

Share Button

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *