Il progetto di Claudio Gobbi per Agrigento nasce dalla suggestione di un piccolo dipinto di Caspar David Friedrich (1774-1840) Junotempel in Agrigent (1828-30) conservato al Museum für Kunst und Kulturgeschichte di Dortmund, in cui il pittore tedesco raffigura il tempio di Giunone, senza averlo mai visto di persona. Ed è proprio il MARAG di Agrigento, Museo Archeologico Regionale “Pietro Griffo” che fino all’11 ottobre ospita la mostra “Claudio Gobbi. La visione trasparente” a cura di Giusi Diana.
Il progetto, sostenuto da Strategia Fotografia 2023, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura e realizzato da ruber.contemporanea, in collaborazione con il Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento, si pone l’obiettivo di diffondere la conoscenza della fotografia contemporanea in un contesto archeologico, favorendone l’inclusione nelle collezioni pubbliche.
L’opera, dall’omonimo titolo della mostra, acquisita dal Museo Griffo, progettato negli anni Sessanta dall’architetto Franco Minissi (1919-1996), è composta da una serie di 25 fotografie da negativo, stampate a colori e in bianco e nero, prodotte da Claudio Gobbi attraverso una residenza d’artista che si è svolta presso il Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento a partire dal mese di novembre 2023. L’illuminazione notturna della Valle dei Templi, un condizionamento contemporaneo e artificiale della visione che in Sicilia coincide, a partire dagli anni Sessanta, con la musealizzazione dei siti archeologici ad opera dell’architetto Franco Minissi, è al centro della riflessione che coinvolge i meccanismi della visione, e il nostro rapporto con il tempo e lo spazio.
Le installazioni fotografiche di Claudio Gobbi in mostra, composte da dittici e polittici, entrano in relazione dialettica con il progetto museografico di Minissi, instaurando inediti scambi semantici con i reperti esposti nel Museo, come nel caso del Torso diGuerriero (480-475 a.C.). Inoltre il reimpiego di fotografie d’archivio trovate o “found photography”, che è alla base della ricerca di Gobbi, evidenzia la natura polisemica delle immagini, che sottratte all’utilizzo documentario originario svelano contenuti semantici latenti, aumentando il proprio potere evocativo. Immagini trovate in archivi siciliani e stranieri, come quello dell’Akademisches Kunstmuseum di Bonn, insieme a fotografie scattate durante la residenza si ricompongono in una nuova, enigmatica unità spazio temporale, grazie alla matericità della stampa su carta fotografica. Una pluralità di fonti (autoriali e anonime) che insieme alla pratica della fotografia analogica ha una valenza fortemente simbolica, riflettendo sul concetto di smaterializzazione delle immagini e scomparsa dell’autore propria dell’“Iconosfera” in cui siamo costantemente immersi. Tra le presenze interrogate dalle fotografie: il Kouros in marmo pario (480 a.C.) e il Telamone (480-470 a.C.), proveniente dal tempio di Zeus .
In occasione della presentazione del catalogo edito da Silvana Editoriale, prevista a chiusura della mostra, sarà organizzata una giornata di studi sulle tematiche affrontate nel progetto, in un dialogo tra architettura, archeologia e fotografia, con gli interventi di Giusi Diana (curatrice), Claudio Gobbi (artista) e degli autori dei testi in catalogo. Nel corso della mostra si terranno due eventi di social engagement a cura di Elisa Fulco (curatrice del public program).