Gianni Berengo Gardin. L’occhio come mestiere


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Ai Musei civici e Gallerie di Storia e Arte del Castello di Udine, fino al 15 settembre la mostra “L’occhio come mestiere”, in 192 scatti documenta l’Italia dal dopoguerra ai giorni nostri ritratta in 70 anni di carriera da Berengo Gardin, Maestro del bianco e nero, da sempre fautore e difensore di una stampa fotografica autentica, di un’immagine che cattura e ferma la vita quotidiana, i momenti, le emozioni che anticipano i gesti, ma anche e soprattutto autore di una fotografia di reportage e di indagine sociale. Quella raccontata da Gardin è un’Italia che vive un cambiamento repentino, attrice di uno sviluppo economico, culturale e sociale profondo, che ha plasmato le città d’Italia e gli italiani.

Traghetto di Punta della Dogana, Venezia, 1960 © Gianni Berengo Gardin, Courtesy Fondazione Forma per la Fotografia Milano, Contrasto Roma

La fotografia di Berengo Gardin è una fotografia “vera”, una pratica che vuole allontanarsi dalla manipolazione analogica o digitale, e fare la parte del documento storico, partecipe e mai neutrale della realtà che si evolve, grazie a delle composizioni naturali, con l’uomo sempre al centro di uno spazio sociale vissuto.

Berengo Gardin ha costruito con le sue fotografie un patrimonio visivo unico nella storia della fotografia italiana e internazionale, sempre con un approccio che lui stesso ha sempre amato definire “artigianale”. Nel corso dei decenni questa impostazione è diventata un marchio di fabbrica esclusivo del fotografo, che ha sempre amato definirsi “un fotografo-fotografo”, e quindi un artigiano della fotografia d’autore piuttosto che un fotografo-artista.

L’esposizione, curata da Margherita Guccione del MAXXI e Alessandra Mauro di Contrasto, è immaginata come una sorta di viaggio, un percorso cronologico, topologico e tematico nel modo di vedere e fotografare l’Italia di Berengo Gardin.

Punto di partenza di questo tour visivo è Venezia, città dove Berengo Gardin si avvicina per la prima volta alla fotografia. Pur non essendovi nato si sente veneziano e ha detto in passato. Venezia è il luogo in cui si forma come fotografo, grazie all’incontro con circoli fotografici come La Gondola, ed è il luogo di un continuo ritorno, dalle prime immagini degli anni Cinquanta in cui si scorge una città intima e placida al suo progetto più recente, del 2013, dedicato alle Grandi Navi. Dalla laguna veneziana si passa alla Milano dell’industria, delle lotte operaie, degli intellettuali (in mostra, tra gli altri, i ritratti di Ettore Sotsass, Gio Ponti, Ugo Mulas e di Dario Fo), e si percorrono quasi tutte le regioni e le città italiane, dalla Sicilia alle risaie piemontesi, osservate nelle loro trasformazioni sociali, culturali e paesaggistiche dal secondo dopoguerra a oggi. E in questo scenario fa la sua parte anche il Friuli Venezia Giulia.

Trovano spazio dai luoghi del lavoro realizzati per Alfa Romeo, Fiat, Pirelli e, soprattutto, Olivetti (con cui collabora per 15 anni), che lo conducono, nel corso della sua vita professionale, a vivere le evoluzioni del mondo operario e dei suoi bisogni. Tra gli scatti anche i Cantieri navali di Monfalcone. E infine le stampe racconteranno gli ospedali psichiatrici, fotografati e pubblicati nel 1968 nel volume “Morire di classe”, realizzato insieme a Carla Cerati. Si tratta di immagini di denuncia e rispetto, straordinarie e terribili, nel cui sfondo si può notare anche l’Ospedale psichiatrico di Gorizia, che documentavano per la prima volta le condizioni all’interno di diversi istituti in tutta Italia, 10 anni prima della legge Basaglia che li fece chiudere.

Nel Salone del Parlamento, le fotografie, ordinate in senso cronologico, topologico ma anche tematico, fanno emergere i punti fermi della ricerca documentaria di Berengo Gardin: la centralità dell’uomo e della sua collocazione nello spazio sociale; la natura analogica della sua fotografia “vera”, mai ritoccata; la potenza delle sue sequenze narrative, delle storie nascoste negli spazi catturati; e infine l’utilizzo della fotografia come documento storico e sociale, puntellata tuttavia da dettagli spiazzanti e ironici. A completamento del percorso espositivo una sala è interamente dedicata alle oltre 200 pubblicazioni fotografiche del Maestro Berengo Gardin.

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