Fino al 31 marzo 2024 il Museo Regionale Francesco Messina – Salvatore Incorpora di Linguaglossa ospita la mostra “Piero Guccione. Dolore e meraviglia”.
È un progetto della Soprintendenza dei Beni Culturali e Ambientali di Catania, guidata dall’architetto Donatella Aprile, dal titolo “Sguardi – Parole – Suoni per un Museo Condiviso e Laboratorio per il cambiamento” concepito per promuovere e valorizzare quello che è attualmente l’unico museo regionale dedicato all’Arte Contemporanea della Sicilia orientale. Una iniziativa accolta, promossa e finanziata dall’Assessorato dei Beni Culturali, Dipartimento Regionale dei Beni Culturali. La mostra è realizzata in collaborazione con l’Archivio Piero Guccione, di cui è presidente la figlia dell’artista, Paola, e con il Comune di Linguaglossa. L’allestimento è stato curato da Giuseppe Lo Magno Artecontemporanea.
Ventisei le opere del maestro di Scicli esposte a Linguaglossa: si tratta di undici oli e tecniche miste e 15 pastelli, realizzati dal 1975 al 2008 e provenienti da collezioni private. Il titolo è ispirato ad una citazione di Aristotele che il pittore fa sua, come riflessione e denuncia, per ricordare come “il dolore e la meraviglia” siano alla base della Filosofia ma anche della Pittura.
Guccione è stato definito il più “leopardiano” fra gli artisti del Novecento per gli echi di solitudine e di infinito che evocano le sue opere, dove l’abisso del mare trascolora nell’immensità del cielo. E a scorrere le opere di questa esposizione di Linguaglossa, tutto sembra accostarlo al poeta di Recanati, alla sua vibrante e commossa percezione della bellezza e del dolore, quando questa meraviglie è violata dall’Uomo, del Creato. Che in Sicilia si declina in tenui azzurri di cieli e mari, nel giallo vivo di campi di grano e frondosi carrubi, nelle lune solitarie appese al margine di una tela, sospese tra la malinconia di un vespro e un misteriosa alba sulla spiaggia. Un paesaggio, quello che Guccione trasferisce sulla tela, cui non è estranea neanche l’Etna, la “muntagna”, che il maestro rievoca in un pastello su carta del 1995 con il suo cocuzzolo innevato e visibile, nel nitore di certe mattine invernali, anche a chilometri di distanza dall’altopiano della campagna iblea.
Completa la mostra una sezione documentale, a cura dell’Archivio Piero Guccione, tra i documenti una toccante lettera autografa, dattiloscritta e piena di ritocchi e minuziose correzioni, di Gesualdo Bufalino indirizzata all’amico Piero, del quale era profondo estimatore. In una lettera del maggio 1995, Bufalino sarebbe scomparso in un tragico incidente l’anno dopo, lo scrittore di Comiso dice: “Questo mi pare il senso della tua arte, che unisce insieme la pietà per un mondo offeso dall’uomo e una sete insaziabile d’innocenza”. Alla mostra è dedicato un catalogo, in lavorazione, con una raccolta di saggi antologici e un intervento del critico d’arte Anthony Molino che sarà presentato nelle prossime settimane.