Re-Collecting. Contenere lo spazio


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Nell’ambito di Art City Bologna 2021, l’Istituzione Bologna Musei, MAMbo, Collezioni Comunali d’Arte e Museo della Musica promuovono Project Room, con una mostra collettiva, aperta fino al 13 giugno, con opere di: Mimmo Paladino, Enzo Cucchi, Gianfranco Pardi, Athanasius Kircher, Franchino Gaffurio, Johann Sebastian Bach, Ferdinando Galli Bibiena, Pelagio Palagi, a cura di Sabrina Samorì e ideazione di Lorenzo Balbi.

Contenere lo spazio è una narrazione tridimensionale costruita attorno ai concetti di spazio vuoto e spazio pieno, spazio intimo e spazio pubblico.
 In un gioco continuo di specchi, rimandi e confronti tra le opere della collezione permanente MAMbo, delle Collezioni Comunali d’Arte e del Museo internazionale e biblioteca della musica, e attraverso il loro intreccio relazionale, si è voluto dare spazio a differenti piani di lettura per generare riflessioni.

Il percorso espositivo si apre con l’opera “Città immaginaria al buio” di Enzo Cucchi, trattata come una sorta di manifesto dei lunghi mesi di lockdown durante i quali strade, piazze e locali erano deserti: solo le luci serali delle abitazioni ci riportavano alla presenza umana.

Gianfranco Pardi, Diagonale, 1982, Legno dipinto cm 220x300x220, MAMbo, Museo d’Arte Moderna di Bologna

La “Prospettiva con scena di convito”, di Ferdinando Galli Bibiena, rappresenta una porzione di palazzo in cui la possanza e monumentalità dell’architettura e la ricchezza delle sue decorazioni relegano le figure umane, colte in momenti pubblici di socialità, al ruolo di comparse. In opposizione, il rigore formale di “Diagonali: la grande architettura” di Gianfranco Pardi stabilisce un luogo fisico e percorribile, che rompe la continuità spaziale con le intersezioni tridimensionali di piani diagonali.

La moltitudine dei volti fluttuanti nell’opera “Teste” di Mimmo Paladino si contrappone ai volti ritratti da Pelagio Palagi. La ripetizione del gesto e del soggetto, che rende massiva la grande tela di Paladino, mostra una condizione collettiva che si oppone all’intimità domestica della famiglia nell’opera di Palagi.

Così come l’architettura, il segno, e la pittura hanno a che fare con lo spazio, anche il linguaggio musicale fa ampio uso di termini spaziali. “L’Arte della fuga”, opera incompiuta di Johannes Sebastian Bach, è una delle opere più complesse e articolate mai scritte nella storia della musica. Nello specifico “Contrapunctus VII”, che si basa su opposizioni, ribaltamenti e traslazioni spaziali sul pentagramma, ha una struttura costruita sfruttando le linee, gli spazi e le coordinate spaziali del sistema di notazioni musicali, la cui componente temporale, la sovrapposizione di melodie diverse e le manipolazioni del tema sono rappresentate nello spartito.

Anche “Practicæ musicæ” di Franchino Gaffurio abbraccia idealmente il tema del contenimento spaziale.

La mostra si chiude con il “Musurgia Universalis”, un trattato monumentale pubblicato a Roma nel 1650, nel quale il gesuita Athanasus Kircher espose la teoria e la filosofia dei suoni e la scienza musicale, composto da dieci libri suddivisi in due tomi. Particolarmente interessanti le tavole sul rapporto suono/spazio che, simbolicamente e artisticamente, descrivono la teoria dell’eco e illustrano, secondo le teorie di Kircher, la possibilità di creare artificiosamente echi multipli.

Contenere lo spazio è accompagnata da una pubblicazione in italiano e inglese realizzata dall’ufficio editoriale dell’Area Arte Moderna e Contemporanea con un testo della curatrice e immagini delle opere, in distribuzione gratuita per il pubblico.

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