Tre mostre al museo Fico


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Dopo la pausa forzata riapre i battenti il Museo Fico di Torino proponendo tre mostre in contemporanea e che rimarranno aperte fino al 20 dicembre. Le mostre sono: “Massimo Vitali. Costellazioni umane”; “Nebojša Despotoviċ. The Golden Harp”; “Reinas”, le prime due curate da Andrea Busto e la terza curata da Efisio Carbone.

Massimo Vitali, Jova beach party

“Massimo Vitali. Costellazioni umane” si articola in circa 30 opere scelte in venticinque anni di produzione dell’artista. Il percorso espositivo non scandito in ordine cronologico è, a tutti gli effetti, una mostra antologica.
Sono presenti gli scatti fatti sulle spiagge italiane assolate e gremite di gente in vacanza (1995), ma anche, per la prima volta, gli scatti dei concerti di Jovanotti nel suo ultimo tour italiano del 2019.
Massimo Vitali (Como, 1944) italiano d’origine, anglosassone di formazione e con una visione internazionale e attenta all’evolversi della ricerca d’avanguardia a cavallo tra il secolo scorso e quello attuale, appare come un fotografo incline a non lasciare tracce nelle sue opere di momenti legati a fatti storici identificabili. Il suo mondo estremamente raggelato e cristallizzato, appare come sospeso in un fermo immagine cinematografico. Non vi sono mai dettagli identificabili con fatti storici attuali, se non per i titoli che, talvolta, rimandano a raduni affollati o a serate di divertimento in discoteca. I titoli delle opere tendono a confondere lo spettatore come se l’artista avesse destinato, alle persone ritratte, parti precise e ruoli da primo attore.
Due volumi antologici, editi da Steidl, documentano il lavoro dell’artista con le riproduzioni di tutte le opere esposte.
Nella seconda mostra, le opere di Nebojša Despotoviċ (Belgrado, Serbia, 1982) sono avulse da un contesto riconoscibile e, anche se tutte ci appaiono come estranee alla nostra vita, molte parlano di esperienze che riconosciamo, risultando come riflesse in uno specchio magari annebbiato ma familiare. I personaggi/attori che le popolano recitano parti in cui l’artista stesso si immedesima, a tal punto, da assegnare dei nomi o dei nomignoli alle figure mentre le dipinge. Il fatto poi che sembrino personaggi in costume, li fa sembrare ancora più reali perché trasposti in un mondo senza tempo, senza precisi riferimenti al nostro vissuto e tutto appartiene a un momento infinito nella grande commedia della vita.

Egli si immerge mentalmente nel racconto dipinto sulla tela, per poi estraniarsene e, facendo un passo indietro, per riassumere la veste del creatore e quindi regista della scena. Il teatro, la pittura, la persona, i personaggi, il regista e gli attori, i ruoli e la vita, veri o falsi che siano vivono in un balletto mentale e reale che si esprime oltre la tela/sipario/fondale, oltre lo studio dell’artista, ma anche tutto dentro la sua mente.
Reinas, infine, è una mostra collettiva che raduna le opere di Maria Lai, Zaza Calzia, Rosanna Rossi, Lalla Lussu e il titolo si riferisce a quello di un ulivo secolare che si trova nel Sulcis Iglesiente, chiamato “Sa Reina”, appunto, che con i suoi oltre 16 metri di circonferenza del tronco, le sue chiome verdissime, i rami nodosi, ancora sfida il tempo, le stagioni, la storia.

La mostra raccoglie e presenta le opere di quattro tra le più importanti artiste di Sardegna, tre
generazioni a confronto e un focus sulla produzione dagli anni ‘70 ai giorni nostri.
Si tratta di quattro piccole antologiche interconnesse tra loro a sottolineare punti di contatto e diversità di ricerca. Il percorso è tracciato da altrettante parole chiave che vogliono suggerire il tema caratterizzante dei nuclei selezionati lungo una narrazione che è anche scoperta, sorpresa, riflessione, in un tempo che scorre in ritmi differenti per creare esperienze personali e condivise.
Ecco quindi l’ago di Maria Lai sfilato da un muro cucito per “legare collegare” insieme i quattro temi della Parola, del Ritmo, del Colore e del Segno come capitoli selezionati da un unico libro.
Immergendoci nella spiritualità di Lai, nell’ironia giocosa di Calzia, nei colori solari di Lussu, nel rigore estetico di Rossi scopriremo inusitate esperienze di ricerca che restituisco un territorio aggiornato, distante dagli stereotipi più comuni, dove isola non è isolamento ma spazio di convivenze in cui sottili rimandi tra passato e presente sono più chiari, meno disturbati da rumori bianchi. Sull’isola i silenzi profumano di eterno, ecco perché è più facile ascoltare.
Attraverso quattro tra le artiste più note del panorama sardo s’intende individuare un percorso comune che restituisce la capacità di trattare elementi peculiari della storia, della cultura, della natura del territorio sardo per restituirli alla collettività elaborati in linguaggi contemporanei aventi la straordinaria capacità di varcare geograficamente i confini “regionali” per divenire patrimonio collettivo internazionale.

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