Ai bordi dell’identità. Videoarte contemporanea


Stampa

La mostra collettiva di videoarte internazionale sarà al MUST, Museo Storico di Lecce fino all’8 settembre e poi, dal 28 settembre al 24 novembre, sarà al MAC di Lissone (MB), Museo con la cui collaborazione la stessa mostra è stata organizzata e grazie al supporto di UBI Banca e al patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Lecce.
La mostra, ideata e curata da Giacomo Zaza, presenta opere che affrontano il tema dell’identità interculturale. Questioni sociali, etniche e di genere invitano a una riflessione che pone l’essere umano al centro dei processi di trasformazione in atto nel mondo contemporaneo. Partecipano quindici artisti provenienti da differenti luoghi del mondo che propongono considerazioni sociologiche e culturali da punti di vista differenti, attraverso linguaggi narrativi eterogenei.
Le opere sono selezionate dalla collezione della Fondazione Han Nefkens di Barcellona e dal Premio de Producción de Video Arte Fundación Han Nefkens, CAC Quito 2018.

Ai bordi dell’identità

Questo evento espositivo testimonia quanto la ricerca artistica contemporanea sia coinvolta nel dibattito culturale e sociale riguardante le condizioni dell’esistenza nel mondo globalizzato. Gli artisti coinvolti presentano riflessioni da punti di vista personali e culturali talvolta molto distanti tra loro, con strategie narrative ed espressive dissimili e variegate. Da questo excursus di video-racconti si evince l’urgenza di porre l’essere umano al centro di un’indagine che coinvolge i processi d’identificazione e di appartenenza, d’individuazione delle differenze, di riconoscimento dell’alterità.

La tematica dell’oppressione delle donne nei territori di guerra dell’ISIS è affrontata con sguardo documentaristico dal video di Erkan Özgen (Derik, Turchia, 1971) Purple Muslin (2018). Shirin Neshat (Qazvin, Iran, 1957) in Tooba (2002) propone, attraverso l’allegoria di un albero, la risoluzione delle tensioni tra uomini e donne grazie alla dimensione trascendente e spirituale. Maya Watanabe (Lima, Perù, 1983) nel video Liminal (2019) si sofferma sui genocidi avvenuti in Perù. Arash Nassiri (Teheran, 1986) in Tehran-geles (2014) mostra, sovrapponendo in maniera surreale le città di Teheran e Los Angeles, le urgenze che muovono migliaia di persone alla migrazione. Sempre sulle dinamiche migratorie si soffermano Ramin Haerizadeh (Tehran, 1975), Rokni Haerizadeh (Tehran, 1978), Hesam Rahmanian (Knoxville, 1980) con From Sea to Dawn (2016-2017). Bárbara Sánchez Barroso (Lleida, Spagna, 1987) in Paradise (2017) sovrappone le registrazioni vocali di un migrante ad immagini dalla valenza simbolica. Il tema della libertà è affrontato anche da Zwelethu Mthethwa (Durban, Sudafrica, 1960) in Flex (2002) attraverso la metafora dello sforzo e della fisicità, mentre l’utopia comunista sovietica è l’argomento del video intimo e biografico Disappearance of a Tribe (2005) di Deimantas Narkevičius (Utena, Lituania, 1964). Questioni sociali sono i soggetti dei lavori di Araya Rasdjarmrearnsook (Trad, Thailandia, 1957) Village Kid Singing (2004), sulla condizione della sieropositività in Thailandia, e di Gabriel Mascaro (Recife, Brasile, 1983) Ebb and Flow (A Onda Trás o Vento Leva) (2012), sulla disabilità fisica nella società brasiliana.
Un approfondimento della videoarte latinoamericana è proposto da una selezione di opere tratte dall’edizione 2018 del Premio de Producción de Video Arte Fundación Han Nefkens – CAC Quito 2018. Cinque artisti di nazionalità o di origine latinoamericana testimoniano la vivacità di questo background culturale, e sono: Adrian Balseca (Quito, Ecuador, 1989), Javier Castro (La Habana, Cuba, 1984), Jonathas de Andrade (Maceió, Alagoas, Brasile, 1982), Luis Gómez Armenteros (La Habana, Cuba, 1968), Beatriz Santiago Muñoz (San Juan, Porto Rico, 1972).

La mostra è documentata da un catalogo bilingue (italiano e inglese) edito da Silvana Editoriale.

Share Button