“Giappone. Terra di geisha e samurai”, è la mostra allestita alla Casa dei Carraresi di Treviso fino al 30 giugno prossimo; è curata da Francesco Morena ed è prodotta da ARTIKA, con la collaborazione di Fondazione Cassamarca e il patrocinio della Città di Treviso.
La
mostra propone uno spaccato delle arti tradizionali dell’arcipelago
estremo-orientale attraverso una selezione di opere databili tra il XIV e il XX
secolo, tutte provenienti dal fondo privato di Valter Guarnieri, collezionista
trevigiano che ha creato nel corso degli ultimi decenni una raccolta molto
vasta per materiali, tecniche di realizzazione e soggetti iconografici.
Il percorso si sviluppa per aree tematiche, approfondendo da un lato i
molteplici aspetti relativi ai costumi e alle attività tradizionali del popolo
giapponese, dall’altro creando dei focus sulle peculiarità e sulla storia della
collezione.
L’inizio del percorso è dedicato al binomio Geisha e Samurai, ossia alla beltà
femminile così come la intendiamo noi, con volto ovale cosparso di cipria
bianca, abiti elegantissimi e modi cadenzati e alla classe militare.
Dal mondo degli uomini a quello, affollatissimo, degli dei, sintesi di credenze
autoctone e influenze provenienti dal continente asiatico, di cui il Buddhismo,
in particolare, ha permeato profondamente il pensiero giapponese, soprattutto
nella sua variante dello Zen, che in questa sezione è testimoniata da un gruppo
di dipinti nel formato del rotolo verticale raffiguranti Daruma, il mitico
fondatore di questa setta.
Segue il tema che tratta la quotidianità del popolo giapponese: dalle attività
di intrattenimento come il teatro Kabuki, dall’utilizzo del kimono alla
predilezione degli artisti nipponici per la micro-scultura, di cui è esposto un
esempio nel nucleo di accessori legati al consumo del fumo di tabacco.
Sono qui rappresentate anche le storie tradizionali e i temi legati alla
letteratura, diventate raffinati soggetti di dipinti.
Una sezione importante è riservata al rapporto tra i giapponesi e la natura,
che nello Shintoismo, la dottrina filosofica e religiosa autoctona
dell’arcipelago, è espressione della divinità. Questa relazione privilegiata
con la Natura viene qui indagata attraverso una serie di dipinti su rotolo
verticale, parte dei quali realizzati tra Otto e Novecento, agli albori del
Giappone moderno.
Con l’apertura verso il mondo occidentale cambia lo scenario che vide molti
artisti adottare tecniche e stili stranieri e molti artigiani a produrre opere
destinate agli acquirenti forestieri.
Tra le forme d’arte inedite per il Giappone di quei tempi, la fotografia
d’autore occupa senz’altro un posto d’elezione. Gli stranieri che visitavano
l’arcipelago molto spesso acquistavano fotografie per serbare e condividere un
ricordo di quel paese misterioso e bellissimo. È il caso dello sconosciuto che
acquisì il nucleo esposto in mostra, il quale annotò in lingua spagnola, a
margine delle fotografie, le descrizioni dei luoghi e delle attività
raffigurate nei suoi scatti.
L’ultima sala è riservata ad una delle forme d’arte più complesse e insieme più
affascinanti del Giappone, la scrittura e in mostra sono esposti grandi
paraventi ornati di potenti calligrafie che concludono il percorso espositivo.