I mondi di Calder


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Alexander Calder, Red, yellow, white standing mobile, 1967, metallo dipinto, Palazzo Collicola Arti Visive, Museo Carandente Spoleto, Copyright Fototeca Servizio Musei, archivi e biblioteche della Regione Umbria

A Palazzo Medici Riccardi di Firenze, fino al 29 luglio una mostra dedicata ad Alexander Calder narra una passione reciproca tra l’artista e la città di Spoleto, attraverso l’intreccio affascinante tra alcuni capolavori dell’artista e la storia di una città votata all’arte.

L’esposizione è prodotta e organizzata dall’Associazione Culturale MetaMorfosi, curata da Gianluca Marziani, direttore artistico di Palazzo Collicola Arti Visive di Spoleto ed è patrocinata dalla Regione Toscana, dalla Città Metropolitana, dal Comune di Firenze, dal Comune di Spoleto. La mostra vuole offrire al visitatore un racconto unico nel suo genere, un connubio ineguagliato tra un artista e lo spirito profondo della città del Festival dei Due Mondi, alla quale Alexander Calder (Lawnton, 1898 – New York, 1976) donò il maggior numero di opere, tracce di un amore speciale tra lo scultore americano e la città umbra, il luogo in cui l’artista trascorse diversi periodi della sua vita e dove produsse l’opera monumentale, il “Teodelapio”, tutt’oggi esposta nel piazzale antistante la stazione ferroviaria della città.

Calder trascorse diversi periodi della sua vita a Spoleto, segnati anche da incontri fondamentali come quello con Giovanni Carandente, lo studioso che inventò nel 1962 “Sculture nella città”, la prima mostra al mondo di opere pubbliche in un borgo antico, con Alberto Zanmatti, l’architetto che contribuì a integrare le grandi sculture tra vicoli e pietre medievali e infine con Ugo Mulas, che lo fotografò cogliendone la sua natura giocosa.

Tutte le opere della mostra fiorentina, ad esclusione della gouache di Alberto Zanmatti e delle due gouache di Giorgio Facchini, appartengono al patrimonio spoletino di Palazzo Collicola Arti Visive.

Il percorso espositivo presenta opere scultoree, lettere, disegni privati, bozzetti in anteprima, gioielli, fotografie dell’artista al lavoro e altre sue invenzioni. In particolare sono esposti due esemplari delle sue famose “sculture in movimento”, i mobiles, come li definì Marchel Duchamp, e litografie dei cosiddetti stabiles, sculture astratte autoportanti così chiamate su suggerimento di Hans Arp. Una intera sala è invece dedicata proprio al Teodelapio, di cui è esposto anche il bozzetto originale del 1962.

 

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