Arturo Martini


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Arturo Martini, Pisana, 1928, bronzo, cm 35x134x65, Trieste, Museo civico Luigi Bailo-dono di Maria Calzavara e Natale Mazzolà, 1967, ©Giuseppe Dell’Arche

Al Museo Civico Luigi Bailo di Treviso, dal 24 febbraio al 3 giugno, è esposta una mostra dedicata ad Arturo Martini, in occasione della quale è possibile scoprire il grande percorso del rinnovato Museo trevigiano, disposto su due piani, che legittimamente potrebbe chiamarsi Museo Martini.

Qui sono esposte quasi 140 opere fra terrecotte, gessi, sculture in pietra, bronzi, opere grafiche, pitture e ceramiche del grande maestro. Una collezione unica al mondo per quantità e qualità, che continua ad arricchirsi: l’arrivo della più recente acquisizione, un Busto d’uomo, è di pochi mesi fa.
Sono opere che “raccontano” Martini dal tempo veneziano di Ca’ Pesaro fino agli anni estremi.
Il Musée Rodin di Parigi, per la mostra conclusiva del Centenario dell’artista francese, ha scelto di privilegiare Treviso, proprio in relazione alla figura di Martini e alla magnifica collezione di sue opere presente nel museo della città.
Molti i capolavori, anche di grandi dimensioni, che di Martini si possono ammirare al Bailo. Dalla Maternità del 1910 alla stessa Fanciulla piena d’amore, dal Pensieroso del 1927 alla Pisana del 1928, dal magnifico Adamo ed Eva del 1931 che Arturo Martini eseguì in pietra e su commissione per il collezionista Arturo Ottolenghi, alla Venere dei Porti, terracotta del 1932.
Non solo i grandi capolavori ma anche opere che consentono di seguire, passo a passo, il percorso martiniano. Dalle ceramiche che l’artista, poco più che ragazzo, modella per la manifattura Gregorj, alle testimonianze degli anni in cui, tra il 1909 e il 1913, a Monaco e a Parigi, si confronta con il “nuovo” in Europa.
Nel dopoguerra, la ricerca di purismo plastico, l’adesione a “Valori Plastici”, la fascinazione metafisica e l’attenzione al classicismo. Dopo aver esposto alla Biennale Romana, nel 1926 partecipa a quella di Venezia e alla I e II Mostra del Novecento Italiano alla Permanente. Sono anni in cui, in modo mirabile, fonde forme classiche e arcaiche al nuovo. È del 1931 il Premio per la Scultura alla I Quadriennale Romana ed è dell’anno successivo la personale alla Biennale veneziana. A fine decennio, le grandi commissioni pubbliche. È del 1941-1942 la Donna che nuota sott’acqua, sempre nella collezione del Museo Bailo, nel suo bozzetto in bronzo, mentre il marmo originale venne esposto nelle Biennali del 1942 e 1948. Poi la tensione verso l’astrazione. Perché “L’arte non è interpretazione, ma trasformazione”, come egli stesso afferma.

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