Per entrambi il segno è fondamentale nel loro lavoro, anche se ognuno lo traccia in maniera assolutamente personale, sia dal punto di vista grafico che da quello iconico. Ed è proprio questa differenza di personalità nella fedeltà al gesto segnico che genera un dialogo tra i due mondi artistici.
Il segno di Laura Rossi è sottile, elegante, studiato e preciso, persino calcolato e si esprime soprattutto in geometrie euclidee componenti molto spesso architetture o addirittura una sorta di planimetrie e di studi di prospettive. È il segno che traccia il disegno a china o a matita, ma anche quello che incide legno e linoleum per l’esecuzione di xilografie, tecnica molto amata dall’artista; che compare anche nei dipinti, ma sempre con discrezione nella definizione dei contorni; quello che, infine, definisce le immagini realizzate col vetro.
Mauro Galfrè tratta il segno più come gesto libero e spontaneo, colorato, ma con tonalità più scure rispetto al resto del dipinto per dare forza e identità all’immagine contenuta. Sono segni che percorrono linee modulate, dolcemente ondulate, che nascono sottili per poi amplificarsi, manifestarsi in tutta la loro potenza e di nuovo restringersi, come nascenti da una sorgente nascosta per essere poi inghiottiti in fondo al loro percorso.
Entrambi gli artisti con i loro segni e i loro gesti, calcolati o impulsivi, creano sogni di mondi che dalla loro sensibilità raggiungono il pubblico che, a sua volta, si immerge in questi labirinti per perdersi, o ritrovarsi, nel fantastico mondo dell’arte.