Duilio Cambellotti. La collezione della Galleria Laocoonte


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Duilio Cambellotti, Eumenidi di Eschilo, Studio per il manifesto dell’Orestea di Eschilo, 1948, tempera su carta

di Luca Baldazzi

 

Una collezione composta da fondamentali opere di Duilio Cambellotti (1876-1960) è in mostra al Museo Emilio Greco di Sabaudia (LT), fino al 29 giugno, ed è quella riunita dalla romana Galleria del Laocoonte.

Cambellotti, illustratore, scultore, scenografo, costumista, medaglista, ceramista, disegnatore di mobili e arredi, frescante, e oltre, sono esposte sculture, disegni, bozzetti, opere di grafica, esempi notevolissimi e rari di tutta la sua ricerca artistica.

La scelta di questa sede non è casuale: ad essere in molte delle opere esposte è infatti la vicenda della delle Paludi Pontine risanate. La stessa epopea che Antonio Pennacchi ha fatto rivivere nel suo fortunatissimo Canale Mussolini.
Romanzo storico e mostra si presentano come due facce di una medesima medaglia, testa e croce di un medesimo valore che fu fatica, dolorosa quotidianità, stenti ma anche speranza, così come Pennacchi racconta, eternata invece nella sua essenza simbolica come Cambellotti la disegnò.

Sullo sfondo di questa potente mostra si può immaginare La Redenzione dell’Agro (1934), il ciclo pittorico realizzato a tempera su pannelli in ardesia artificiale che decora il Palazzo del Governo di Latina.
Gli uomini e le donne dell’Agro di Cambellotti interpretano la vita dell’Agro Pontino nella sua naturale semplicità. Esprimono la faticosa storia quotidiana della bonifica che giorno dopo giorno ha strappato alla palude e alla malaria terre destinate a dare loro cibo e casa.
Ed è proprio la speranza, anzi la certezza, di questo domani migliore che riesce a sublimare fatica e sudore, trasformandoli in simboli universali.
Della campagna pontina Cambellotti avverte il pittoresco della natura selvaggia e malarica che il lavoro razionale e moderno della bonifica ha cancellato trasformandolo in passato mitico e quasi già nostalgicamente rimpianto.
Il taglio forte e netto delle figure di Cambellotti è palesemente antinaturalistico, quasi espressionistico e per questo potentemente evocativo di un’antichità in cui ogni forma era archetipo.
La sua capacità di comunicare del resto è evidente in alcuni bozzetti e disegni per manifesti esposti in questa mostra, dove la leggenda classica rivive come una vicenda contemporanea.
Cambellotti era artista che oggi definiremmo “impegnato”, seguace dei principi dell’antico movimento Arts&Crafts e degli ideali umanitari di educare il più vasto pubblico al bello in arte.
Con i temi sociali si era già misurato, giovane, all’inizio del secolo quando aveva prestato la sua arte per le scuole dei figli dei contadini dell’Agro Romano, e per costruire una mitologia della civiltà rurale legando l’osservazione del lavoro quotidiano agli antichi riti del Lazio antico e dell’origine di Roma.

Il catalogo della mostra è a cura di Monica Cardarelli e Marco Fabio Apolloni, mentre le schede sono a cura di Annamaria Damigella, Francesco Parisi, Francesco Tetro. Edizione De Luca.

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