Attenzione a non fare confusione, Prof. Barilli: il critico non è necessariamente il curatore


Stampa

Padiglione Giappone alle Biennale di Venezia 2015, Installazione di Chiharu Shiota

Uno degli aspetti più nebulosi nel mondo dell’arte è sicuramente quello che riguarda il rapporto tra critici e curatori, non solo in seno al concreto svolgersi delle attività, ma anche inerente una teorizzazione stringente riguardo compiti e competenze dell’una e dell’altra figura. Sovente la tentazione è di sfondare gli argini e invadere il campo altrui, spesso ciò capita e non di rado con risultati piacevolmente sorprendenti.

In un recente articolo firmato da Renato Barilli, si tenta di porre la figura del curatore in pessima luce o di relegarla in una posizione secondaria rispetto ad altro (facilmente si può intuire a cosa). A partire dall’azzardata ironia dell’incipit che associa la figura del curatore a due ambiti differenti, quello culturale e quello amministrativo, ritengo utile precisare che, come dicevano i latini, nomina sunt consequentia rerum e quindi, umorismo a parte, chi fa il curatore lo è, ma lo è anche chi (suo malgrado?) è critico e si avventura a fare il curatore affiancando le due attività. Per questo, in molti casi in cui ciò avviene sistematicamente, troverei più corretto che ci si presentasse come “critico e curatore”.

Il critico non necessariamente ha bisogno del supporto espositivo (perché nello specifico è di questo che stiamo parlando) e, allo stesso modo, il curatore non necessita del supporto critico. Che i due aspetti possano essere complementari è implicito, ma presupporre la superiorità dell’uno all’altro mi pare eccessivo e per certi versi rispecchia quel ritorno costante di elitarismo accademico nei confronti del concreto operare.

Diversa è la questione riguardante le singole scelte dei curatori che si possono condividere o meno, ma ciò non riguarda l’attività e le competenze dell’uno o dell’altro: il conformismo è un brutto male e la ricerca dell’approvazione da parte della propria comunità, magari dai decani della stessa, è un qualcosa che frena la ricerca e lo sviluppo, inchiodandoci a quei “bei tempi andati” in cui “si stava meglio anche se si stava peggio”… Sì, ma per la nostalgia della gioventù di chi oggi giudica, non perché fosse realmente meglio.

Share Button

Informazioni su Anselmo Villata

Caporedattore dell'Agenzia Stampa Verso l'Arte, Vice Presidente Internazionale dell'Associazione Internazionale dei Critici d'Arte, Docente presso la 24Ore Business School e presso la Giunti Academy, Curatore, Critico d'Arte, Saggista, Cultural manager e Cultural planner orientato alla promozione e alla valorizzazione dei Beni Culturali con un'ottica all'interdisciplinarità e alle collaborazioni internazionali.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *