Sean Shanahan. Singular Episodic


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Al MAC, Museo d’Arte Contemporanea di Lissone (MB), fino al 27 settembre è allestita la mostra dedicata a Sean Shanahan.

Le opere di Shanahan sfuggono alla nomenclatura, riescono addirittura a farsela scivolare addosso, proprio come i loro bordi sagomati: acuti quanto arditi, capaci di inficiare la tradizionale geometria del “sacro rettangolo”. Sono bordi intonsi, che mettono in evidenza il supporto in MDF, ma soprattutto servono a delineare e ripensare quella soglia che tende a graduare l’opera verso il mondo circostante. Ridefinendo i confini della propria ricerca pittorica, l’artista riesce a minare qualsivoglia definizione, dando corso a una geometria che spariglia la tradizione e che sembra intraducibile altrimenti. 

Sean Shanahan, Untitled, 2018, olio su MDF

Esiste un invalicabile confine che tiene a distanza la superficie dipinta dalla realtà circostante. Nelle opere di Shanahan i bordi modulano il passaggio dall’una all’altra, sancendo così un avvicinarsi e compenetrarsi tra l’opera pittorica e il contesto architettonico. I monocromi dell’artista non cercano mai di sostituirsi alla realtà, non la imitano né la prendono a modello; in essi non si incorre mai in illusioni o induzioni, in connotati figurativi o narrativi, lo sguardo viene intercettato soltanto dal colore, a suggellare la quintessenza della pittura.

Shanahan non persegue la verosimiglianza ma la verità della pittura. I suoi dipinti appartengono al Concretismo, sono oggetti fisici. In quanto “cose”, in quanto “oggetti”, possiedono un peso specifico che l’artista è solito soppesare con grande cura nelle fasi d’allestimento. Non è solo una questione di equilibri, ma di vuoti e di respiri. Così come non si può togliere ossigeno alle persone, lo stesso vale anche per le opere d’arte: ogni quadro ha la necessità di farsi spazio anziché limitarsi a occuparlo. È per questo motivo che Shanahan pondera molto attentamente le forme e i colori, ottenendo un’intesa perfetta tra l’addensarsi dell’opera (sia materialmente, sia concettualmente) e il rarefarsi dell’allestimento.

C’è un’impersonalità della stesura, che non è omogenea, ma non è neppure espressiva. Il colore aderisce al supporto, si identifica con un piano bidimensionale, ciò nondimeno reclama con insistenza di essere “cosa” tra le “cose”. La pittura di Shanahan è un inno cromatico, un autentico trionfo/tripudio della vista.

Inequivocabile e irriducibile, la pittura dell’artista avvera un pensiero fisso, un concetto che ha la sostanza del colore (uno per volta). Un colore che chiede di essere osservato da molto vicino, e più lo si guarda, più diventa singolare ed episodico. Anche le opere su carta non sono mai semplicemente decorative, il motivo geometrico stabilisce infatti un’interrelazione con l’architettura circostante.

In occasione del finissage, l’artista presenterà il catalogo bilingue (italiano-inglese), contenente un testo di Alberto Zanchetta, un saggio di Valentina Locatelli, un’intervista di Luigi Bonfante, un ricco apparato iconografico e la documentazione fotografica della mostra allestita al MAC di Lissone.

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