Naoya Takahara. Остранение


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Promossa, organizzata e ospitata dalla GABA.MC, Accademia di Belle Arti di Macerata, fino al 20 marzo è allestita la mostra antologica di Naoya Takahara “Oстранение”, realizzata a cura di Antonello Tolve.
Naoya Takahara (Ehime, Giappone, 1954) vede al centro della propria ricerca l’attenzione per i meccanismi poetici dell’остранение (ostranenie), ossia dello straniamento, che ribalta la consueta osservazione della realtà, secondo un punto di vista inusuale. Questa antologica ripercorre i nodi essenziali di tale campo percettivo mostrando, da un lato, la fusione di culture, da quella prettamente orientale degli esordi fino ai prestiti da quella occidentale visibili nelle opere prodotte dagli anni settanta in poi. Dall’altro lato è palpabile la personale interpretazione dell’artista del concetto d’illusione che, in particolare nelle opere prodotte in quest’ultimo decennio, è sostituito dalla parola immaginazione, secondo una nuova sensibilità che alla realtà integra proprio quest’ultima nel tentativo di darle corpo.

Naoya Takahara-Senza titolo, 1987, legno, cotone, colori acrilici, cm77x156x52-© Naoya Takahara


In mostra, sono presenti alcune delle opere più iconiche della sua produzione, come “Senza titolo” del 1987 che pare essere l’enunciato perfetto dell’остранение dove, pochi elementi geometrici d’impronta minimale ne suggeriscono l’essenza del pensiero. Degli anni novanta, ad esempio, è “Doppia” (1995) opera ambientale costituita di due sedie di legno di differenti dimensioni dove, su una delle due si trova locata una macchina da scrivere. Parte di un ciclo sulla distorsione visuale “Doppia” è la prima di una serie di lavori che portano l’artista ad una sua personale interpretazione del concetto d’identità. Infine, altro peculiare esempio è rappresentato dalla più recente “Smart Aleck / Paraculo” del 2011, installazione, che occupa lo spazio orizzontalmente per guidare il percorso in una direzione precostituita. Intorno a queste riflessioni si struttura, infatti e non a caso, il testo critico di Antonello Tolve precisa che: “Immaginare l’immagine, ovvero tra le immagini immaginate e le immagini immaginarie”.

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