Fino al 16 giugno, al MAN, Museo d’arte della Provincia di Nuoro è visitabile la mostra dedicata a Giorgio Andreotta Calò (Venezia, 1979), realizzata a cura di Elisabetta Masala. La memoria collettiva della Sardegna, il suo paesaggio, insieme alle conseguenze sociali ed ecologiche dei processi estrattivi, sono al centro del lavoro condotto nell’isola da Giorgio Andreotta Calò: un’indagine svolta tra il 2013 e il 2018, che ha portato alla creazione di un corpus fondamentale nel percorso dell’artista. Oggi, una parte di queste opere trova collocazione ideale al museo MAN grazie al Piano per l’Arte Contemporanea del Ministero della Cultura, completando e integrando la precedente acquisizione di Produttivo.
Nel 2019, infatti, l’artista dona al MAN una parte dell’installazione ambientale Produttivo, composta da carotaggi estratti durante le campagne minerarie della Carbosulcis spa, società che fino al 2018 è stata impegnata nello sfruttamento del bacino carbonifero del Sulcis, area nel sud-ovest dell’isola. Con un procedimento simile alle indagini geognostiche, Giorgio Andreotta Calò analizza la stratificazione e l’identità del luogo sviscerandone gli aspetti socio-culturali. Una analoga radice semantica è condivisa dalle opere del progetto in girum imus nocte, che testimoniano un comune processo di ricerca e di interazione con il territorio sardo e la sua storia. Il titolo, tratto dal palindromo latino “in girum imus nocte et consumimur igni” (“andiamo in giro di notte e siamo consumati dal fuoco”), allude alla carica simbolica dell’installazione filmica omonima che, con le sculture Pinna Nobilis e Dogod, crea un insieme coerente in cui i singoli elementi esaltano i reciproci significati.
Il fulcro della installazione è costituito dal film che documenta la marcia compiuta dall’artista insieme a un gruppo di minatori e pescatori del Sulcis nella notte del 4 dicembre 2014 (giorno di Santa Barbara, protettrice della comunità dei minatori). Il cammino diventa rito in una prospettiva escatologica che riconosce il ruolo sociale dei lavoratori, accentuando il valore della loro presenza. La marcia rituale dalla miniera fino all’isola di Sant’Antioco, dal tramonto all’alba, è enfatizzata dal bastone che accompagna il tragitto, diventato poi parte integrante dell’opera presentata in mostra. L’uso della pellicola 16 mm risulta, nella sua fragilità, funzionale al senso complessivo del racconto, evocando la componente alchemica di trasformazione della materia che accomuna tutte le opere esposte.
La metamorfosi del cranio di una creatura a metà tra cane (Dog) e divinità (God) è al centro di Dogod, i cui elementi costitutivi, provenienti dallo stagno di Cirdu, a Sant’Antioco, sono stati assemblati per poi realizzare la fusione a cera persa in bronzo bianco qui esposta. Al Sulcis rimanda anche la scultura Pinna Nobilis, prodotta dal calco di un esemplare dell’omonima specie di bivalve endemica del Mediterraneo, anch’esso recuperato a Punta Trettu durante la lavorazione del film.
I lavori in mostra, tra i più emblematici e rappresentativi della ricerca di Giorgio Andreotta Calò, accompagnano il visitatore in profondità: negli abissi della terra, ma anche nell’essenza del metodo dell’artista. In questo modo, paesaggio e storia vengono assimilati dalle opere, diventandone termine essenziale.