Exposure. Arte culture moda dentro e fuori la vetrina


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Monia Ben Hamouda, Mark Dion, Sam Durant, Theo Eshetu, Damien Hirst, Candida Höfer, Giancarlo Iliprandi, Gene Moore, Roberto Sambonet, Albe Steiner, sono gli artisti che con le loro opere compongono la mostra “Exposure. Arte culture moda dentro e fuori la vetrina”, allestita al MUDEC, Museo delle Culture di Milano, fino all’8 settembre.

Dion Raiding, Neptunes Vault

La mostra, a cura di Katya Inozemtseva e Sara Rizzo, riflette sulla tradizionale concezione della vetrina e sulla sua centralità nei progetti espositivi. Legata all’“esposizione museale classica”, la vetrina espone e al contempo separa l’oggetto, offrendolo alla fruizione ma formando una barriera per lo spettatore. Nei musei etnografici, in particolare, l’effetto “neutralizzante” della vetrina colpisce le opere, isolandole, privandole del contesto e della funzione originari.

La mostra è anticipata nelle sale della Collezione Permanente da un intervento speciale dell’artista contemporaneo Theo Eshetu (1958), Crocodile on a ceiling, un lavoro inedito, prodotto appositamente per il MUDEC. Attraverso il ribaltamento della visione, Eshetu riflette sull’origine del museo stesso, da rintracciare nelle Wunderkammern rinascimentali. Brave New World, sempre di Theo Eshetu, è invece un caleidoscopio di immagini in movimento che rende il pubblico stesso parte dell’opera.

Segue nelle sale Focus una sezione dedicata alla storia della vetrina negli allestimenti museali e al suo ruolo come mezzo di classificazione, in particolare nelle collezioni etnografiche. Il tema del desiderio è invece affrontato attraverso le immagini oniriche delle vetrine create dal leggendario designer e vetrinista Gene Moore per Tiffany, e da quelle degli allestimenti dei designers Albe Steiner, Giancarlo Iliprandi e Roberto Sambonet per la Rinascente nella seconda metà del Novecento.

Chiude il percorso un focus sulla teca espositiva nella pratica dell’arte contemporanea, attraverso opere di Mark Dion (1961), Sam Durant (1961) e un’installazione site-specific di Monia Ben Hamouda (1991), volta a decostruire la pratica della vetrina e, metaforicamente, del museo stesso.

La mostra è preceduta nell’iconico ambiente dell’agorà da Luce dietro tracce incompiute, di Mariana Castillo Deball (1975): nell’atrio in vetro del museo le sette sculture tessili, ispirate ai pezzi delle collezioni del MUDEC, creano una situazione ribaltata in cui il pubblico si trova, insieme alle opere, dentro un’imponente vetrina. L’esposizione si arricchisce inoltre di un ricco palinsesto di eventi che ci consente di riflettere su alcuni concetti chiave della mostra e di uscire dal museo grazie all’arte pubblica.

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