Monet. Capolavori dal Museo Marmottan Monet di Parigi.


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In un’epoca in cui il dottor George de Bellio collezionava gli Impressionisti che poi donerà al Marmottan, lo stesso Paul Marmottan, proprietario del palazzo Marmottan, e l’Académie des Beaux-Arts combattevano contro gli Impressionisti. Da parte sua, l’Accademia di Belle Arti aveva, dopo il 1870, chiuso le porte del Salon a questi giovani pittori, così che loro decisero di organizzare le proprie mostre. Fu durante il primo di questi eventi, nel 1874, che il quadro: Impression di Monet ispirò il critico Louis Leroy a usare il termine spregiativo “impressionista”. Accogliendo undici di questi dipinti impressionisti di G. de Bellio nel 1940, a distanza di settantanni, l’Accademia riconobbe finalmente il valore dell’Impressionismo. Inoltre, diventa proprietaria e custode dell’opera che le ha dato il nome. Il loro ingresso segna così l’origine delle collezioni impressioniste del Musée Marmottan.

Sala con opere di Monet

Grazie a Michel Monet, la collezione impressionista si rivelerà presto uno dei principali tesori dell’istituzione. Figlio minore di Claude Monet, divenne l’unico discendente diretto dell’artista alla morte del fratello Jean, nel 1914. La casa di Giverny e tutte le opere in essa contenute andarono a lui quando il padre pittore morì nel 1926. Oltre ai dipinti e ai disegni di Eugène Delacroix, Eugène Boudin, Johan Barthold Jongkind, Gustave Caillebotte, Renoir, Morisot, ecc., Michel Monet ereditò le ultime opere di suo padre. La maggior parte di esse appartiene a una serie di tele monumentali sul tema delle Ninfee. Tra il 1914 e il 1926, Claude Monet, il pittore, eseguì centoventicinque grandi pannelli di cui offrì una selezione alla Francia. Poiché il pittore si rifiutò di far vedere queste opere durante la sua vita, esse non furono mai esposte al pubblico fino al 1927, ed ora conosciute oggi come le Ninfee dell’Orangerie. La loro mostra ha suscitato scandalo. L’ultima opera di Monet entra quindi nella storia dell’arte e Michel che possiede questo vasto insieme, si ritrova a capo di un’eredità deprezzata perché sconosciuta. I suoi sforzi per riabilitare le grandi ninfee furono di scarso effetto. Senza figli, Michel stabilì, quindi che il Musée Marmottan fosse il suo unico legatario rinunciando di lasciare in eredità la collezione allo Stato che non l’aveva apprezzata! Quando morì nel 1966, più di un centinaio di Monet, tra cui una serie senza precedenti di grandi Ninfee, entrarono a far parte delle proprietà dell’istituzione. E poiché i saloni di Paul Marmottan erano troppo piccoli per presentare opere di tale portata, fu appositamente progettata una stanza sotto il giardino del palazzo. Nel 1970, questi dipinti furono esposti per la prima volta all’interno del Museo. Essi costituiscono la prima collezione al mondo di opere di Claude Monet. Negli anni ’90, l’edificio ha arricchito il suo nome ed è diventato il Museo Marmottan Monet.

A distanza di 150 anni esatti dalla data della prima mostra degli  impressionisti, di cui mai titolo fu più indovinato! Si possono vedere a Padova al Centro Culturale Altinate 60 opere del pittore Claude Monet dagli esordi sino alle ultime opere di Giverny. Da subito a Claude Monet fu riconosciuto il ruolo di “pittore della luce”. La serie dei Covoni, la serie delle Cattedrali di Rouen e del Parlamento inglese risentono di quadri dipinti a distanza di ore uno dall’altro sotto il cambiamento di luce nel suo mutare del giorno. Una di queste pitture del Parlamento Inglese si può vedere in questa mostra e nel suo fantasmatico controluce ricorda quell’ Impression Soleil Levant (1872) che ha dato il nome al Movimento. Ma è alla fine della mostra che vi si trovano le meravigliose opere legate al suo Giardino, che lui considerava come la sua opera più importante, dove dipingeva: Il Ponte Giapponese, fatto costruire appositamente, I glicini , il Salice Piangente,e quella che per me è la più emblematica delle sue pitture: le Ninfee del 1917/20. Questo capolavoro sembra eseguito con noncuranza lasciando alcune zone del quadro sotto il colore in bianco. E pur tuttavia sembra ci sia acqua, e le erbe, e foglie, e filamenti di verde, tutto sembra fatto con noncuranza, come se il pittore volesse pulire i pennelli sulla tela in quel momento, lasciando una traccia da riprendere in un tempo successivo. Commozione e smarrimento ti prendono alla gola e dopo vent’anni, che lo avevo visitato al Marmottan, l’ho rivisto con la stessa emozione. Se Cezanne è il precursore del Cubismo, Monet è il precursore dell’Informale. Cioè quella pittura fatta di Gesto e Materia! Che nasce con lui e troverà frequentazione, più che nascita, attiva negli artisti degli anni Cinquanta. Ma un ultimo grande della pittura contemporanea è chiaramente imparentato e indebitato con Lui, cioè l’americano vissuto a Roma: Cy Twombly con le sue grandi The Rose (2007), Camino Real (IV) 2010. Il gesto, la cadenza, la sbavatura, il groviglio, tutto questo denuncia l’afasia della coscienza de “l’insostenibile leggerezza” nella pittura di questi due autori. Monet  sempre più cieco dipingeva le splendide Ninfee, così come Beethoven, sordo, componeva la sua splendida musica. Grazie ad Arthemisia ed alle curatrici, in primis Sylvie Carlier, e a Marianne Mathieu con Aurélie Gavoille, che con l’Amministrazione Comunale di Padova ci hanno dato fino al 14 luglio ( festa della presa della Bastiglia?) una mostra regale.

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