Antonio Donghi. La magia del silenzio


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Una retrospettiva dedicata ad Antonio Donghi, uno dei maggiori interpreti del Realismo magico in Italia, a cura di Fabio Benzi, è allestita fino al 26 maggio a Palazzo Merulana, a Roma e propone una serie di autentici capolavori, alcuni esposti al pubblico per la prima volta.

Antonio Donghi, La magia del silenzio, Palazzo Merulana, Roma

La mostra è prodotta da CoopCulture ed è stata realizzata grazie al sostegno del Main Sponsor UniCredit, che ha anche contribuito con sedici importanti prestiti delle opere di Donghi, provenienti dalla straordinaria collezione esposta a Palazzo De Carolis, sede di rappresentanza del gruppo bancario a Roma.

Sono raccolte trentaquattro opere, prevalentemente acquistate direttamente alle maggiori mostre del tempo (Biennali di Venezia, Quadriennali di Roma, ecc.) o altrimenti reperite sul mercato. Il progetto espositivo intende presentare i nuclei più significativi provenienti dalla Galleria Comunale d’Arte Moderna di Roma, dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, dalla Banca d’Italia, dalla UniCredit Art Collection e dalla Fondazione Elena e Claudio Cerasi, che nel loro insieme rappresentano l’intero percorso dell’artista, toccandone tutti i temi principali: paesaggi, nature morte, ritratti, figure in interni ed esterni, personaggi del circo e dell’avanspettacolo. In particolare, la mostra si pone come approfondimento di uno dei principali nuclei pittorici rappresentati nella Fondazione Elena e Claudio Cerasi, che possiede ed espone in permanenza tre fondamentali capolavori donghiani: Le lavandaie (1922-23), primo vertice in assoluto del maestro; Gita in barca (1934); Piccoli saltimbanchi (1938). Solo tre dipinti particolarmente iconici (La Pollarola, Ritratto di Lauro De Bosis, Annunciata), legati in diverso modo alla collezione Cerasi, sono inseriti al di fuori del nucleo delle collezioni pubbliche.

Sulla trama delle opere di Donghi in queste collezioni è possibile ricostruire interamente il suo percorso artistico. Rimeditare il ruolo, il metodo, le aspirazioni di questo artista chiuso e difficile, ma al tempo stesso creatore di opere uniche e impressionanti per il loro clima sospeso, per la densità di interrogativi che pone allo spettatore, pur nell’apparentemente nuda realtà in cui sono presentati gli anonimi protagonisti dei quadri, appare oggi un doveroso passo in avanti per la sua conoscenza. Donghi è un pittore nitidamente romano nella sua natura e nella cultura dell’epoca, come emerge anche dagli stupendi paesaggi della città e dei suoi dintorni, in cui l’artista sembra voler estrarre la componente atmosferica per farli vivere di una vita immobile ed eterna. In questo senso anche le collezioni romane, pur considerando la sua presenza non indifferente in moltissime altre istituzioni museali italiane, hanno letto in questa sua profonda essenza di romanità una ragione di collezionismo eccezionale, che non si è invece realizzata per i molti altri pittori operanti nella Capitale negli anni tra le due Guerre.

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