A Palazzo Mosca-Musei Civici, Pesaro Musei è in corso, fino al 7 aprile prossimo, la monografica di Mario Logli (Urbino, 1933 – Pesaro, 2020), artista protagonista della seconda metà del Novecento e dei primi anni del nuovo secolo. “Mario Logli. Custode della bellezza” è il titolo della mostra a cura di Anna Maria Ambrosini Massari e Mattia Giancarli, che rientra nel palinsesto ufficiale di Pesaro 2024 ed è promosso dal Comune di Pesaro con il contributo della Regione Marche, in partenariato con l’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, ISIA Istituto Superiore per le Industrie Artistiche di Urbino e l’Accademia Raffaello. L’organizzazione è a cura della Fondazione Pescheria – Centro Arti Visive.
A quasi quattro anni dalla sua morte, anche Pesaro, città scelta da Logli per vivere, cui era profondamente legato, omaggia l’artista con un’esposizione che affronta in maniera nuova la sua produzione, indagata per la prima volta alla luce di documenti e opere inediti che consentono una nuova lettura della sua poetica e di approfondire il rapporto con il capoluogo adriatico e con il mare, elemento che torna frequentemente nei suoi paesaggi. Grazie a questo materiale e ai dipinti esposti, provenienti dalla collezione della famiglia Logli e dall’importante deposito destinato dal pittore all’ateneo di Urbino, per la prima volta è possibile ritessere il legame non solo con i modelli moderni studiati da Logli – tra gli altri René Magritte, Giorgio De Chirico e Osvaldo Licini – ma anche con gli amici di una vita che, come lui, a lungo hanno raccontato il territorio e le contraddizioni del loro tempo: Paolo Volponi, Carlo Bo e Mario Giacomelli.
Articolata in tre sezioni, la mostra intende raccontare i temi cui Mario Logli si è dedicato durante tutta la vita e che, attraverso i suoi soggetti così magnetici e oniricamente evocativi, lo hanno reso custode della storia secolare e, insieme, visionario interprete di argomenti di stringente attualità.
Nella sezione “Il ricordo, il gioco e l’infanzia”, riaffiora il ricordo dell’infanzia passata a giocare e a sperimentare. Soggetti delle tele sono, appunto, i giocattoli di Logli, sistemati alla rinfusa su pavimenti e mensole come nelle solenni nature morte intarsiate nello studiolo di Federico da Montefeltro a Urbino. Controcampo alle vedute urbinati, i paesaggi marini di Pesaro e Senigallia, dove l’artista era solito passare le sue vacanze.
Nella sezione “In difesa dell’ambiente”, compare la tematica ecologica che per Logli diventa fondamentale già a partire dagli anni Settanta, quando nella sua produzione compaiono per la prima volta gli Invasori: entità inorganiche e robotiche, allegorie dell’inquinamento e creature spregevoli che rappresentano la pratica sconsiderata di chi, irrispettoso della bellezza della natura, la sporca con scorie e rifiuti.
In “Custodire la bellezza”, la più caratteristica tra le produzioni di Logli: le “Isole volanti”, città sospese come astronavi o aquiloni che si innalzano nel cielo per distaccarsi da una terra fredda che pare non le comprenda più. In questi paesaggi, nati da suggestioni surrealiste ma ben presto diventati firma di Logli in tutto il mondo, si racconta il messaggio della tutela del patrimonio artistico nella sua accezione più moderna, comprensiva delle consistenze materiali e immateriali. Il tentativo di raffigurare queste geografie dell’anima avvicina Logli ad un altro maestro del nostro tempo: Mario Giacomelli. La seconda parte della sezione racconta per la prima volta il solido rapporto di amicizia e stima tra i due artisti, uniti nel comune obiettivo: custodire la bellezza. La mostra è corredata da un catalogo edito da Maggioli Editore.