Le opere di Ligabue alla Promotrice di Torino


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Fino al 26 maggio prossimo, al Palazzo della Promotrice di Torino è allestita una mostra dedicata ad Antonio Ligabue, uno degli artisti più amati della prima metà del 900, curata da Giovanni Faccenda, col patrocinio della “Fondazione Augusto Agosta Tota per Antonio Ligabue” e prodotta da SM.ART, con la direzione creativa e di produzione di WeAreBeside.

Antonio Ligabue, Volpe con rapace

Genio incompreso, tormentato da una vita costellata di episodi dolorosi, a causa della sua precaria salute mentale, fu autore di una produzione artistica cospicua.

La mostra è un vero e proprio viaggio in un caleidoscopio di colori nitidi e vivaci, accostati a volte anche in maniera azzardata, in grado di nascondere i tormenti esistenziali di un uomo che riusciva a trovare il suo io più profondo solo a contatto con la natura e il mondo animale, tanto amato e studiato fin dall’età infantile, abbondantemente riproposto, con tutti i suoi significati, nelle tele e nelle sculture.

“Uno degli obiettivi di questa esposizione è quello di allontanare Ligabue da una visione provinciale.  Ligabue è stato un grande protagonista dell’Espressionismo europeo e resta una figura assolutamente attuale, anche ai giorni nostri. In qualche modo, con i suoi quadri e le sue sculture, incarna le nostre inquietudini e quel senso di essere messi ai margini. Ma i suoi lavori ci fanno anche capire che la vita, a volte, può portarci un riscatto che abbiamo agognato per molto tempo”, precisa Giovanni Faccenda.

Sono qui esposte novanta opere, di cui 71 dipinti, 8 sculture e 13 disegni, che provengono da collezioni private: dalla “Testa di tigre” al “Leopardo” fino ai “Fenicotteri” ai “Cani da caccia” e al “Gatto con la talpa”; dal “Motociclista” alla “Traversata della Siberia” al “Trasporto della birra” al “Paesaggio agreste”; dalle sculture “Leone e Leonessa”, ai disegni con figure di animali su carta da musica senza dimenticare naturalmente i celebri Autoritratti.

Questi ultimi in particolare raccontano tanto dell’artista e del suo essere, come citava Ungaretti, “esiliato in mezzo agli uomini”. L’arte per Ligabue, nella sua vita costantemente alla ricerca di amore e di consenso o anche solo di semplice comprensione, era infatti necessità: mettere colore sulla tela, plasmare l’argilla, era l’unico modo per sottrarsi, almeno temporaneamente, alla propria, fatale, odissea terrena. Una sorta di terapia insomma, un’evasione dai propri tormenti attraverso soggetti apparentemente infantili che rimandano in qualche modo alla semplicità della natura.  Un genio visionario, spesso incompreso il suo, ma sempre in evoluzione e alla ricerca di innovazioni e di suggestioni emotive. 

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