Antonello Ghezzi. Terra Cielo Iperuranio


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Dopo il successo riscosso nei musei internazionali, da Madrid a Beirut, da New York ad Atene, il duo artistico Antonello Ghezzi approda al CAMeC Centro Arte Moderna e Contemporanea di La Spezia con la mostra Terra Cielo Iperuranio, curata da Eleonora Acerbi.

Antonello Ghezzi, Terra Cielo Iperuranio, Schermata, 2020, CAMEC, La Spezia

Ed è al piano zero del Museo che fino al 14 gennaio 2024 sono esposte una quindicina di opere, rappresentative di un percorso focalizzato sulla leggerezza e sulla magia, capace di abbracciare l’infinitezza dell’universo e l’intimità delle relazioni umane, che Nadia Antonello (Cittadella, 1985) e Paolo Ghezzi (Bologna, 1980) hanno deciso di intraprendere insieme a partire dal 2009.

Il percorso espositivo, ideato dagli artisti stessi, suddivide le opere su tre livelli, Terra, Cielo e Iperuranio, secondo un itinerario non necessariamente cronologico, ma tematico.

La prima sala corrisponde alla Terra, il luogo delle relazioni, dove trovano posto i primi grandi progetti di Antonello Ghezzi. Qui, si possono abbattere muri con bolle di sapone, il modo meno violento che esista, attraverso l’opera Blow against the walls. Si può interrogare l’oracolo con T’Oracolo, un progetto nato nel 2010 che ha visto mutare continuamente la sua forma, tenendo tuttavia invariato il meccanismo per il quale “io T’Oracolo e tu sarai l’oracolo per qualcun altro”.

La seconda sala, dedicata al Cielo, tenta di far alzare i piedi da Terra, ancora solo leggermente. Alcune bandiere appese, che riproducono la Via Lattea, incorniciano un piccolo ufficio immaginario, dove si può firmare la propria Cittadinanza della Via Lattea. L’opera Legare la terra al cielo presenta una stampa fotografica su specchio retro-incisa, nella quale si intravede una performance avvenuta nel 2021 tra campi e colline immerse nel buio.

La terza sala è dedicata all’Iperuranio. Già da lontano, nelle altre stanze, si vedeva un grande cielo stellato. L’opera, intitolata 27 06 1980 20:59, proviene dal Museo per la Memoria di Ustica e riproduce la mappa esatta di come erano le stelle nel giorno della tragedia. L’ultima opera che si vede uscendo dalla sala è un’installazione realizzata a partire da una fotografia della NASA, esposta al CAMeC grazie alla disponibilità di Fabio Gori e Virginia Fabrizi, che offre una possibile chiave di interpretazione dell’intera mostra. Un paesaggio al tramonto piuttosto buio, nel quale è possibile tuttavia scorgere un puntino luminoso. Il titolo, Autoritratto, rivela l’intento e il senso dell’immagine: la Terra vista da Marte, ovvero gli uomini visti solo da un po’ più lontano.

Nel bagno al piano zero del Centro vi è traccia di Toilet Project, progetto che inaugurò la collaborazione tra Nadia Antonello e Paolo Ghezzi, interessati ad invadere garbatamente i bagni delle fiere d’arte e giocare con umorismo su una domanda che qualche volta gli artisti si pongono: Cosa è arte?

Costeggia il lungo corridoio all’esterno delle sale l’opera Stringere lo spazio di me e te, dove innumerevoli sculture di ceramica sono appese e creano uno sciame scintillante di forme e colori.

In uno spazio per sua natura sopraelevato, l’interpiano che porta alle terrazze del Museo, c’è uno strano scrittoio, composto da uno specchio con la scritta Scrivimi e da un piano sul quale è poggiato tutto l’occorrente per scrivere ed inviare lettere d’amore: la carta, la busta, la penna e il francobollo.

Sulla terrazza del CAMeC è allestita l’ultima installazione del duo: La sedia del giudice, che richiama la tipica seduta sopraelevata utilizzata dall’arbitro di tennis, se non fosse che i posti a sedere sono due anziché uno. Nel corso della mostra, sarà presentato il catalogo bilingue pubblicato da Metilene Edizioni, con il testo istituzionale del Sindaco e Assessore alla Cultura Pierluigi Peracchini, testi critici di Eleonora Acerbi e Cesare Biasini Selvaggi e un ricco apparato iconografico.

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