Sergio Floriani. Tracce


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La mostra di Sergio Floriani, “Tracce” al Castello Visconteo-Sforzesco di Novara sarà visitabile fino al 29 maggio. Successivamente si trasferirà a Villa Gippini, Orta San Giulio, Novara nei mesi da giugno a ottobre. Promossa da Comune di Novara e Fondazione Alberto Giacomini, San Maurizio d’Opaglio, realizzata a cura di Lorella Giudici, gode de patrocini della Provincia di Novara e dell’Agenzia Turistica Locale Terre dell’Alto Piemonte – Sede di Novara e raccoglie gli ultimi trent’anni di lavoro dell’artista, attraverso un cammino che non vuole essere cronologico, bensì tematico e iconografico. 

Sergio Floriani, Cerchio d’acqua rosso, 1987, olio su tavola, Ø 132 cm. Crediti fotografici Fortunato Vanini

Sergio Floriani parte dalle tracce dell’uomo, dall’impronta lasciata come segno d’identità (unica e personale), per arrivare all’infinito. Il suo è un percorso evolutivo che comprende il segno, la forma e lo spazio, ma non dimentica il dialogo continuo con la materia, che gli fa perlustrare le possibilità della pittura e della scultura (due elementi che nelle opere di Floriani convivono sempre) e spazia dall’acciaio corten allo stagno, dalla catramina su carta giapponese alla sabbia su piombo, mentre il colore a volte si accende nelle tonalità più vivaci, quasi pop, e altre, per esempio quando racconta i contorni del lago o allude alle voci dell’anima, è capace di raccogliersi in tenui e silenziose gradazioni.

Il percorso, a Novara come ad Orta, partirà dalle grandi sculture in acciaio corten e stagno, che sono un segno identificativo del lavoro dell’artista.

Nelle 11 sale del primo piano dello storico castello Visconteo-Sforzesco, saranno collocate un centinaio di sculture: da Divido per otto (2003) al Totem (2015) dove il frammento si alterna alla leggerezza e alla trasparenza; dai Signum (2009) ai Cerchi d’acqua, due serie in cui le parole (nei primi) e il colore (nei secondi) tracciano un nuovo alfabeto di lettere e di forme, passando per i colorati rilievi di ultima generazione, piccole e grandi tavole sulle quali il colore si distende senza sfumature e le sagome che vi affiorano, lontane sorelle delle prime impronte digitali, maculano la superficie trasformandola in materia cosmica. Il tema più ricorrente è il rapporto che s’instaura tra la forma e lo spazio, e nelle ultime opere questa correlazione è sottolineata dalla presenza o dall’assenza delle cornici: nel primo caso una cornice dorata, spesso d’epoca, segna il perimetro e contiene il colore, ma al contempo lo impreziosisce, lo “storicizza” e lo concentra, donandogli forza e misticismo; nel secondo caso, con la soppressione del bordo ligneo il colore ritorna libero di dilatarsi e di fondersi con lo spazio circostante, in una dimensione che è quasi filosofica.

Nelle sale di Villa Gippini verranno invece collocate alcune delle opere più significative, in armonia con l’architettura del palazzo, con la luce e con il colore del lago, quel lago che è stato d’ispirazione anche per Antonio Calderara, un artista che Floriani ha sempre ammirato e i cui consigli lo hanno convinto a votarsi definitivamente all’arte.

La mostra è accompagnata da un catalogo che illustrerà tutte le opere esposte e da un testo critico firmato dalla curatrice.

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