Alla riapertura della stagione espositiva 2023, il Castello di Rivara (GE) Museo d’Arte Contemporanea espone una personale dell’artista bulgaro Kiril Hadzhiev (Sofia, Bulgaria nel 1990), curata da Davide Paludetto e fruibile fino al 31 maggio.
Nelle sue nove grandi tele le figure sono sagome che emergono come umanoidi tremuli, elementi dello spirito che si animano e si incarnano in corpi/ corrente, angeli/tronco. Soggetti che campeggiano in mezzo alla scena e pare che assecondino segrete leggi naturali. Ultracorpi che l’artista muove attraverso la ricerca di una naïveté (im)possibile. Opere che chiedono solo di abbandonarsi all’apparizione in quanto tale: magmatica e segnata di urgenze. Nell’abbandono lo spettatore è sempre da solo, in cerca di un passaggio verso l’altrove, verso una “quarta parete” e una “quarta dimensione” tra l’animale e l’umano e coglie il vero conflitto, non dichiarato, dei nostri tempi.
L’esito pittorico è una sorta di scapigliatura raffreddata e metallica, benché fluida. La tecnologia avanza, gli esseri ne sono interamente avvolti come da un fumo invisibile. Essi vengono colorati di uniformità, di carbone, di terrore silenzioso. L’artista diventa demiurgo/metallurgo/webmaster occasionale. Tecnico e poeta, lavoratore e oziatore di futuri incerti. L’arte come evento intossicante, quando è immersione dal tutto nell’uno, ed elemento di ebbrezza quando è emersione dall’uno al fuori. Per Kiril Hadzhiev il senso diventa “il cogliere” il lato della forma nell’atto stesso del formarsi.
Ma non si interpreti quel gusto ancora vivo per le avanguardie come una appendice di “classicismo”, bensì come una reazione ad un dato geografico e storico suggerito dalla mera cronologia della Bulgaria, suo paese di origine. In regime di realismo socialista, infatti, l’avanguardia “storica” poté riprendere a vivere pienamente soltanto negli anni ’90.
La formazione dell’artista è dunque segnata da questa strana rivoluzione traslata e la sua conseguente esperienza nell’apprendistato (perenne) come forma mentis.