Aulo Pedicini. Annerite scaglie


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“Annerite scaglie”, che titola la personale di Aulo Pedicini al MANN, Museo Archeologico Nazionale di Napoli fino al 29 aprile, a cura di Generoso Bruno, nasce dalle parole di un ultimo componimento dedicato all’artista dal fratello Gerardo, critico d’arte e poeta, scomparso recentemente, che suggeriscono una origine primordiale, quasi alchemica della sua scultura. Nato a Foglianise nel 1942 e attivo dagli anni ‘60 sulla scena artistica napoletana, Pedicini ha attraversato le neoavanguardie degli anni ‘70, muovendo dagli echi del post-cubismo e del surrealismo dada, utilizzando anche materiali non convenzionali.
Le opere in mostra, quasi un centinaio, rappresentano una vera e propria antologia della produzione del poliedrico artista, arricchita degli ultimi lavori, nei quali Pedicini è tornato all’assemblaggio, questa volta attraverso la tecnica del collage. Si parte dalle teche degli anni ‘60, passando ai più recenti bronzi (circa 15 opere), esposti nella sala che introduce la sezione epigrafica, per arrivare agli ultimi lavori pittorici (circa 85).


La ricerca più recente è esemplificata da una caleidoscopica moltitudine di interventi sulle scale di grigio in glossy paper e dalle numerose Trasposizioni di questi su tela e altri supporti.
Nella sala che introduce alla sezione “metropolitana”, che ospita la mostra, aperta da uno scatto di Mimmo Jodice all’Anfiteatro Flavio di Pozzuoli, è presentata l’intera serie fotografica della performance “Progressione in uno spazio definito”, del 1966, in cui Pedicini è ritratto dall’obiettivo dello stesso Jodice.
“In anni più recenti Pedicini giunge al Mito, evocato come originaria narrazione dell’esistente. Nel tempo dell’isolamento pandemico l’artista è ritornato sull’operazione dell’assemblaggio, questa volta utilizzando come base la carta con la tecnica del collage”.

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