Arturo Martini. I capolavori


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“Arturo Martini. I capolavori”, al Museo Luigi Bailo, a Treviso, fino al 30 luglio, aggiunge al fitto elenco di prestigiosi prestiti una scultura mai vista prima, rimasta da più di 80 anni protetta, quasi nascosta dopo l’unica apparizione alla Quadriennale di Roma del 1939, nella casa museo di Vado Ligure. Si tratta del marmo “Legionario ferito”, realizzato dallo scultore trevigiano nel 1936-37 (il gesso), al più tardi entro il 1938 il marmo.

La mostra organizzata da Comune di Treviso, Musei Civici, in collaborazione e con il contributo di Camera di Commercio di Treviso-Belluno|Dolomiti ed è curata da Fabrizio Malachin e Nico Stringa.

A proposito di quest’opera, Fabrizio Malachin precisa: “L’opera s’inserisce in quel clima di entusiasmo successivo alla guerra d’Etiopia, quando la ritrovata pace era portatrice anche di attese di nuove commissioni pubbliche. Gusto ancora retorico in quel legionario raffigurato seduto, gambe divaricate e braccia sollevate, mentre si sta fasciando il braccio: potente quel gesto, tra collera e impotenza, portato in una dimensione monumentale e che richiama, nel particolare della benda tesa nello spazio, quanto aveva fatto Antonio Canova nel Dedalo e Icaro con il filo di ferro!”

Proseguono i curatori: “… Se il Legionario esprime in quello sguardo sollevato l’aspirazione verso un futuro migliore, lo stesso concetto è esaltato nel Palinuro dove non c’è alcuna retorica, ma prevale il ‘concetto’, come di continuo si sforzava di fare Antonio Canova …”. 

E, ancora i curatori tracciano una identità del primo periodo, dove: “… si collocano importanti commissioni pubbliche. Al 1937, risale ad esempio l’altorilievo per il Palazzo di Giustizia di Milano progettato da Marcello Piacentini. Il suo rilievo sulla “Giustizia corporativa” era affiancato dalle visioni della Giustizia biblica e di quella romana, illustrate da Arturo Dazzi e Romano Romanelli. Opera ricca di significati allegorici interpretati in chiave mitica, più espressiva che simbolica e perciò potente e poetica: un giudizio universale laico con la Giustizia assisa come Giudice tra scene bibliche con Adamo ed Eva e il Figliol Prodigo, vale a dire tra i grandi temi resi celebri proprio dai suoi grandi gruppi scolpiti qualche anno prima (presenti in mostra). Le fatiche fisiche richieste da questa grande opera in marmo ebbero come conseguenza una lunga convalescenza e aprirono le porte a una nuova forma espressiva, la pittura, sperimentata inizialmente a Burano, dove sentimento e poesia prevalgono in opere che vedono il Martini pittore posizionarsi tra i giovani della nuova generazione in chiave fortemente espressiva”.

Ma le nuove commissioni lo riportarono a Milano, dove le sue opere vennero richieste per l’Arengario in piazza Duomo a Milano, sul tema della storia cittadina. Molto lontano dalla Giustizia Corporativa, il rilievo è appiattito con effetti d’intaglio da primitivo che gli consente di allontanarsi dalla facile retorica per forme utili al racconto. Per i sospetti dovuti alle numerose commissioni pubbliche l’artista subì un processo d’epurazione nel 1945.

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