Franca Faccin. Giallo blu verde rosso. L’altalena dei giri di freni


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Alla Fondazione Bevilacqua La Masa, nella Galleria di Piazza San Marco a Venezia, fino al 25 settembre prossimo Franca Faccin espone circa 60 opere in una mostra personale curata da Luisa Turchi con la collaborazione di Paolo Rosso. Franca Faccin è autrice di una favola per bambini (ma anche per adulti): La Bicicletta e il mare, che da sola introduce alla genesi della sua ricerca pittorica.

Franca Faccin, Bicicletta su fondo rosso, 2022 tecnica mista su tela, cm120x120


Gli spicchi non a caso sono di colori primari e complementari e, per accostamento, richiamano una solarità altisonante d’arlecchino, mentre le ruote sono “ribaltate” come allegri ombrelloni.
Nella metafora della favola, la bicicletta siamo noi, nella nostra completezza umana e spirituale, un tutt’uno con le nostre pulsioni interiori, generate anche dall’incontro con l’altro sulla nostra strada. Consentendo a noi stessi una scelta non puramente meccanica o fatta di automatismi, l’uomo non è una macchina, tra spirito, ragione e sentimento, siamo condotti con il pensiero verso mondi altri, ad esplorare universi, senza paura, ma alla fine sentiamo comunque il bisogno del ritorno in noi stessi, di risalire sulla nostra bicicletta, di riprendere possesso del nostro corpo temporaneamente scisso dalle nostre facoltà mentali e spirituali.
La mostra di Franca Faccin si configura quindi, come un sogno naif, liciniano, in cui la ricerca di equilibri strutturali e formali, nonché coloristici, prelude a significati impercettibili. Sulle scelte cromatiche hanno inciso anche i frequenti viaggi dell’artista in Sicilia.
E se è pur vero che “il suo giallo non è poi quello dei limoni, il rosso non è quello del sole, né l’azzurro è quello del mare”, ovvero quello che si vede assurge a pretesto visivo concretamente-astratto di un mondo interiore che può solo essere accennato, le sue trasfigurazioni dell’anima ci toccano da vicino, come geometrie segrete di luce piena che adombrano il divino stesso.
Biciclette, giri di freni, mercati a volo d’uccello si susseguono senza sosta nello spazio metafisico della luce. Un linguaggio figurativo estetico e ideologico emozionale, destinato a rimanere come un codice impenetrabile, una partitura musicale contemporanea che sa veramente “di aria, di vento, di luce”, pur rimanendo immobile sulla tela e sulla carta. Anche quando diventa “cerniera”, improbabile tasca di un viaggio al tramonto, che non ha prezzo.

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