Rainer – Vedova. Ora


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A Venezia, alla Fondazione Vedova, una mostra organizzata da Fondazione Emilio e Annabianca Vedova è aperta al pubblico fino al 30 ottobre prossimo, nelle due sedi espositive del Magazzino del Sale e dello Spazio Vedova, alle Zattere, curata da Helmut Friedel e Fabrizio Gazzarri.

Arnulf Rainer (Baden bei Wien, 1929) ed Emilio Vedova (Venezia, 1919-2006), pur nelle differenze generazionali e formative, erano legati da una lunga amicizia e condividevano una similare dell’esperienza artistica, concepita nel contatto responsabile con le vicende del proprio tempo. L’appuntamento veneziano prosegue un dialogo iniziato nel 2020 a Baden bei Wien nella sede dell’Arnulf Rainer Museum, dove la mostra “Arnulf Rainer & Emilio Vedova: ‘Tizian schaut’” ha offerto l’occasione di reinterpretare, tramite i due artisti, le relazioni che hanno segnato la storia tra Venezia e Vienna.

Emilio Vedova, Venezia Muore I-II-III, 1992 ©Fondazione Emilio e Annabianca Vedova ©Ele Bialkovska, OKNO Studio

Le ragioni che hanno spinto la Fondazione Vedova a condividere con entusiasmo questo progetto in collaborazione con l’Arnulf Rainer Museum sono molteplici e collegano idealmente Vienna e Venezia attraverso l’opera di due grandi artisti del nostro tempo.
La loro storia, che ha tracciato un pensiero forte e autentico nella ricerca artistica del dopoguerra, testimonia una umanità attenta e sensibile che esprime, attraverso le loro opere, la fragilità della nostra esistenza e la sua bellezza come entità consapevole della propria imperfezione. Vedova appartiene a una generazione di artisti che è stata inevitabilmente definita dal potenziale di malvagità e spargimento di sangue nella Seconda guerra mondiale e dai rischi della passività di fronte al totalitarismo. Per Arnulf Rainer, pittore autodidatta influenzato principalmente dal Surrealismo e dall’Espressionismo astratto americano, il punto focale delle ricerche artistiche è la croce, per lui abbreviazione del volto umano: “Mettiti davanti allo specchio, osserva il tuo volto, vedrai che all’interno vi è tracciata una croce, ovunque.”
Nello Spazio Vedova, quello che fu lo studio del pittore, è raccolta una selezione di opere realizzate da Vedova tra il 1949 e il 1993 senza seguire un percorso cronologico, ma articolate in sezioni tematiche per orientare con chiarezza l’intera rassegna: Contro, No, Venezia muore, Allarme, Umano, Confine, Plurimo, Per. I titoli sono stati scelti sulla base di parole ricorrenti negli scritti e nei discorsi di Emilio Vedova, ed esprimono in modo adeguato la realtà vedoviana e l’attitudine fortemente partecipativa della sua opera, generatrice di accesi e contrastati dibattiti. L’idea dell’esposizione di Vedova, a oltre quindici anni dalla sua scomparsa, è quella di unire idealmente, per quanto possibile, alcune opere centrali del suo percorso con le drammatiche criticità che coinvolgono questo nostro tempo sull’orlo del collasso. Le tematiche presentate nelle sezioni costituivano lo snodo che attivava la sua straordinaria energia di artista mai disposto alla rinuncia verso l’evoluzione della coscienza come unico modo per costruire una relazione responsabile con l’altro e con il mondo.
Al Magazzino del Sale trova spazio il lavoro di Arnulf Rainer: dalla sua produzione, che copre un periodo di oltre 70 anni, sono state selezionate le croci degli anni ’80 e i Kosmos dei primi anni ’90. Le croci di Rainer rimandano inevitabilmente alla sofferenza, che, dinanzi alle pareti impregnate di sale di questo spazio straordinario, difficilmente potrebbe essere percepita in modo più straziante. Per Rainer “la croce è una metafora del volto umano”: così come la fisionomia assume molteplici forme, anche le sue croci possono essere declinate in una varietà di configurazioni. Questi getti di colore, applicati con lunghi pennelli, ricordano la veemenza delle tecniche pittoriche da lui praticate negli anni ’70, utilizzando le dita e le mani. Se le croci sono caratterizzate dall’individualità, i Kosmos condividono tutti la stessa forma circolare. Il cerchio è una metafora dell’infinito, ma anche della perfezione. La parola greca kosmos sta per universo, ma significa anche elemento decorativo, ornamento. Nei tondi, il colore è più denso, con alcuni piccoli particolari incastonati nella pittura.

In occasione della mostra è stato pubblicato un catalogo edito da Marsilio

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