Fino al 24 ottobre prossimo, Kunst Meran Merano Arte celebra i suoi 25 anni di fondazione e i 20 anni di attività della Kunsthaus nell’attuale sede sotto i portici, con la mostra ARTE È.
Si tratta di un progetto, ideato da Ursula Schnitzer, sviluppato in collaborazione con Martina Oberprantacher, che vede protagonisti 8 curatori e critici: Valerio Dehò, Luigi Fassi, Sabine Gamper, Günther Oberhollenzer, Andreas Kofler, Anne Schloen, Magdalene Schmidt e Susanne Waiz, che hanno avuto esperienze lavorative e di ricerca con l’istituzione meranese, contribuendo a plasmare la sua attività espositiva, e che propongono le opere di 22 artisti: Claudia Barcheri, Christian Bazant-Hegemark, Hannes Egger, Barbara Gamper, Vanessa Hanni, Maria CM Hilber, Emilian Hinteregger, Erika Hock, Zora Kreuzer, Oliver Laric, Roberta Lima, Rosmarie Lukasser, Selene Magnolia, Eva Mair, Simone Salvatore Melis, Ludovic Nkoth, Bernd Oppl, Davide Quayola, Rita Slodička, Ludwig Thalheimer, Maria Walcher, Letizia Werth, in grado di riflettere su temi come il ruolo delle donne nella società, la migrazione, la digitalizzazione, la giustizia sociale, la pianificazione territoriale.
Il percorso espositivo, suddiviso in sette sezioni, si apre con il focus, curato da Sabine Gamper, su tematiche legate alla cura e alla solidarietà, individuale come collettiva, verso i nostri simili e il nostro ambiente. La curatrice e le artiste affrontano, da una prospettiva femminista, i concetti di caring e sharing in qualità di categorie che necessitano di un urgente ripensamento in un futuro post-pandemico. A questa sezione si collega quella di Luigi Fassi, con una selezione di lavori dell’artista camerunese Ludovic Nkoth (1994), la cui pittura è uno strumento di scrittura del presente che si avvale di elementi eterogenei tra loro, come la geografia, la cronaca, le memorie personali, per registrare i rivolgimenti del mondo attuale a partire dalla sua biografia e dal suo muoversi fra due mondi. Anche la sezione curata da Susanne Waiz si concentra sulla società guardando allo spazio che definisce, come ad esempio quello cittadino, costituito da quartieri operai e ville residenziali, zone migliori e peggiori. L’edilizia popolare e i progetti di riqualificazione urbana testimoniano la costante ricerca di un miglioramento della qualità della vita e dello spazio abitativo. Parallelamente, in tutto il mondo continua ad aumentare il numero dei senzatetto e, anche nelle città europee con la più alta qualità della vita, migliaia di persone sono costrette a vivere “sotto i ponti”. Andreas Kofler e Magdalene Schmidt affrontano, in qualità di team curatoriale, l’architettura nella regione altoatesina e le modalità attraverso cui viene presentata. Con il loro contributo esaminano il ruolo ricoperto da Merano Arte, per il quale il dialogo e il discorso sull’architettura nella regione alpina è stato uno dei temi centrali della propria ricerca che ha contribuito a un vivace dibattito, anche in relazione al turismo. A partire da un confronto con la fondatrice ed ex direttrice di Merano Arte, Herta Wolf Torggler, lo sguardo rivolto al passato dell’istituzione si concentra su alcuni elementi d’archivio esposti come in una Wunderkammer, che mostra le tematiche e i dibattiti legati all’incontro tra l’architettura e il grande pubblico. Un altro contributo è incentrato invece sulla ricerca delle posizioni di una generazione più giovane di architetti. Anne Schloen indaga il valore sensoriale dell’opera d’arte attraverso i contributi di Zora Kreuzer (1986) ed Erika Hock (1981). Dal loro punto di vista, le opere d’arte, oltre a essere “suggerimenti per esperienze future”, possono essere anche possibilità di esperienze uniche.
La sezione curata da Günther Oberhollenzer ruota attorno alla questione di quali forme espressive nuove e orientate al futuro stiano emergendo nell’arte del XXI secolo. L’interesse è rivolto in particolare al dialogo tra mondo analogico e digitale, all’ampliamento dei media artistici offerto dalle nuove possibilità tecnologiche nonché alla questione della percezione e dell’autorialità.
Anche nella pratica artistica di Quayola (1982), invitato da Valerio Dehò, il punto centrale è l’indagine sulle nuove tecnologie e sulle loro possibilità. Nella sezione “Futuro infinito”, l’uomo e la macchina hanno smesso di competere, l’arte si fa con quello che si vuole e con quello che anche l’industria propone.