Mario Mafai. Le fantasie


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Aldo Bassetti, presidente degli Amici di Brera dal 2007 al 2020, nel 2018 dona alla Pinacoteca di Brera 22 dipinti di Mario Mafai, “Le Fantasie”, che sono ora esposti, fino al 29 marzo, nella sala 18, secondo un progetto, a cura di Alessandra Quarto e Marco Carminati, che diventerà poi un documentario fruibile dal 29 marzo sulla piattaforma Brera Plus+.

Si tratta di un ciclo di dipinti di denuncia al nazifascismo che faranno parte della collezione di arte moderna che sarà ospitata a Palazzo Citterio, futuro Brera Modern.

Mario Mafai, I dirigenti

La storia di queste opere fa parte integrante dell’esistenza di Aldo Bassetti e parte da lontano, quando aveva appena 14 anni e un episodio tragico segnò profondamente la sua vita: la strage dell’Hotel Meina sul Lago Maggiore nel 1943.

Vittime di una retata tedesca, compiuta su tutta la costa novarese del Lago Maggiore, sedici ebrei ospiti dell’Albergo Meina di Meina vennero prima identificati e trattenuti per alcuni giorni in una stanza e poi, in due notti successive (22 e 23 settembre 1943), uccisi e gettati con zavorre nel lago.

Tra le vittime figurava Lotte Froehlich Mazzucchelli, 38 anni, zia di Aldo Bassetti il quale fu chiamato a riconoscerne il cadavere.

Questo ciclo sono tavolette di massacri e di orrori, di grida e di colpevoli silenzi, dipinte con colori allucinati e di forte matrice espressionista da Mario Mafai tra il 1939 e il 1944: atto di denuncia dei massacri della guerra e del nazifascismo.  

Una storia lunga e complessa, quella delle Fantasie, e che più volte intreccia il suo destino proprio con la città di Milano. Mafai iniziò a dipingerle nel periodo del suo soggiorno a Genova, dove si era trasferito da Roma con la famiglia, nel 1939, per timore delle discriminazioni nei confronti della moglie Antonietta Raphaël, ebrea, all’indomani dell’approvazione delle leggi razziali del 1938.

Nel 1957 i dipinti vennero acquistati da Giovanni Pirelli, figlio primogenito dell’industriale, che però scelse di rinunciare a un destino nell’impresa di famiglia per diventare comandante partigiano prima, scrittore poi.

Con questa donazione, la Pinacoteca vuole quindi affermare il suo ruolo di promozione culturale e antifascista, capace di agire nel proprio tempo presente, riflettendo sul passato in virtù della costruzione del futuro, continuando a informare e a formare coscienze.

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