Volontà di ferro


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Per far sopravvivere le attività espositive dell’arte, malgrado le restrizioni imposte in questo momento, in 100 luoghi all’aperto della città di Roma, l’Officina Alviti ha creato “Volontà di Ferro”, una mostra degli artisti Cristiano e Patrizio Alviti curata da Werner Bortolotti che, grazie alla sua formula, può essere visibile ad un ampio pubblico fino al 6 dicembre.

L’idea è stata trasformare la città di Roma in un’immensa sede espositiva, realizzando una mostra per tutti grazie all’utilizzo degli spazi dedicati alla cartellonistica pubblicitaria. Un modo per far entrare l’arte nella quotidianità di ognuno sfruttando, in maniera più nobile, quei canali utilizzati solitamente per mero uso commerciale.

Cristiano e Patrizio Alviti, Volontà di ferro n44, Prova d’autore cm47x130

Cristiano e Patrizio Alviti, hanno quest’anno prodotto un ingente corpus di opere tra incisioni monotipo, prove d’autore e lastre, scaturite nel periodo di isolamento forzato che ognuno di noi ha vissuto. Per favorire una fruizione pubblica, i fratelli Alviti hanno riprodotto le loro opere su manifesti pubblicitari stradali (ogni cartellone presenta un’opera diversa con relativa didascalia) e organizzato la loro esposizione in 100 spazi all’aperto della città.

La scelta delle location è stata valutata in base alle zone strategiche comunicata con un’apposita mappa della mostra da scaricare dal sito creato ad hoc volontadiferro.it, dove ovviamente compaiono tutte le opere prodotte, approfondimenti e dove si può concretizzare un appuntamento in Atelier per poterle visionare dal vivo.

L’iniziativa corrisponde al diario di una quarantena, ossia la volontà dei fratelli Alviti di vivere e creare in una nefasta prospettiva negativa e di morte (economica e sociale), di ferro, dove per ferro non si intende solo il rimando alla lastra scriccata e puntellata che dà forma al segno sul foglio, ma la metafora della determinazione di Cristiano e Patrizio.

Così, proprio mentre il mondo guarda dalle finestre lo scorrere del tempo nell’immobilità senza osare immaginarsi il dopo, i due artisti danno vita a lastre di paesaggi. Il paesaggio, che parte dalla natura e dagli alberi, è quello ricostruito attraverso la realtà (il segno che incide le lastre) e quello dell’emozione (il ricordo e le sensazioni che il paesaggio suscita così come filtrate dalla sensibilità degli Alviti). Il filtro che rende visibile tale commistione è il colore, quegli inchiostri e quei liquidi che si perdono sulla lastra rincorrendosi e miscelandosi, così imprevedibili ed espressivamente liberi di muoversi, di evadere e di “uscire” dal segno. Il risultato è una carta inchiostrata dove è possibile scorgere la luce, una conversazione, l’aria, la vita vissuta, i particolari, gli scorci, la prospettiva tra gli alberi e l’infinita potenza della natura.

Le opere sono stampate con un torchio auto-costruito appositamente dagli artisti e che consente grandi formati e pesi notevoli delle lastre. L’incisione delle stesse è ottenuta mediante “scriccatura” con macchine di taglio che, rispetto al plasma normale, consentono solchi e riporti di materia. La presenza della scriccatura è fortemente denunciata dalla tridimensionalità dei solchi lasciati dalla lastra come le stampe a secco.

Lo scopo è sensibilizzare e coinvolgere il più ampio pubblico, anche quello non avvezzo alla frequentazione dei luoghi canonici dell’arte e stuzzicarne la curiosità.

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