Inaugurata martedì 15 settembre alla Biblioteca Cantonale di Lugano “Conversazioni”, la mostra dell’incisore vercellese Roberto Gianinetti, da lui curata insieme a Luca Saltini. Si tratta di una riflessione dell’artista su quattro codici quattrocenteschi custoditi negli archivi della Biblioteca: le Epistulae ad familiares di Cicerone, le Quaestiones Christianae di san Bonaventura, la Summa Naturalium di Paolo Veneto e il Codice di Zenone.
Non è la prima volta che Gianinetti si confronta con testimonianze del passato. Era già successo in occasione di “Corale”, installazione per la Confraternita di San Bernardino di Vercelli, che un tempo assisteva i condannati a morte prima del loro ultimo viaggio, e nelle “Annunciazioni”, ispirate alle grandi pale d’altare di Bernardino Lanino presenti al Museo Borgogna.
Tuttavia in “Conversazioni” il registro muta rispetto ai due esempi poc’anzi citati. A Lugano infatti Gianinetti non è interessato al contenuto del libro, ma preferisce ragionare esclusivamente sull’oggetto in sé e sulle sue immediate conseguenze: esso diviene cioè funzionale al racconto che ci propone, senza perciò un prospetto filologico che invece era evidente in “Corale” e in “Annunciazioni”.
La narrazione in “Conversazioni” è ambivalente, cioè ha bisogno di due componenti, una complementare all’altra: c’è quella visiva che consiste nel porsi davanti all’opera e osservarla con attenzione e c’è quella didascalica, una sorta di esegesi che ci aiuta ad apprendere in maniera più analitica il suo modo di procedere. Una volta compiute le due azioni, il filo conduttore della mostra apparirà più distinto e si entrerà senza alcun problema nel mondo giocoso e a tratti surreale di Gianinetti.
Tutto ciò si trasforma in un dialogo attivo con l’opera. I quattro manoscritti di Lugano diventano in tal modo un pretesto per farci conoscere la storia che l’incisore desidera raccontare e che nemmeno lui forse si immaginava di scrivere, almeno in questi termini. Gianinetti spiega che «un testo porta a un altro testo, una matrice a un’altra matrice», sottolineando così l’ipertestualità del suo lavoro, che è attuale poiché si trova ad avere a che fare col mondo digitale e frenetico del quotidiano.
Contemporaneamente Gianinetti è consapevole del fattore Storia con il quale è stato costretto fin da subito a confrontarsi, avendo a che fare con quattro testi antichi. «È sufficiente pensare alle Epistole scritte da Cicerone nei primi decenni dopo Cristo. L’anonimo amanuense ha copiato, nel XIV secolo a partire da un altro testo, a sua volta ricopiato… Millequattrocento anni di ricopiature e violazioni del copyright», chiosa l’artista.
All’interno di questo percorso creato per rigorose associazioni di idee, Gianinetti invita ognuno a seguirlo sulla medesima strada. Però, nonostante la libertà, che è solo apparente, è sempre lui a condurre il gioco e a parlarci di un qualcosa che, parte sì da un tema ben preciso, ma si dipana in attinenze scaturite dai ricordi, un flusso di coscienza joyciano che strizza l’occhio alle intermittenze del cuore proustiane. Ecco allora che nelle “Conversazioni” si mescolano letteratura, storia, arte, gioco e – per restare in tema – affinità elettive.