CRUOR. Renata Rampazzi


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Al Museo Carlo Bilotti, Aranciera di Villa Borghese, a Roma, fino al 10 gennaio 2021, è esposta la mostra “CRUOR”, composta da 14 dipinti, 46 studi preparatori e un’installazione di Renata Rampazzi, più un video, realizzata a cura di Claudio Strinati, che ripercorre la battaglia che l’artista ha condotto sin dagli anni Settanta per la parità delle donne e la loro emancipazione.

La mostra è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali ed è organizzata da Renata Rampazzi e dal suo studio, con i Servizi museali a cura di Zètema Progetto Cultura.

Renata Rampazzi, CRUOR, 2018, installazione

Cruor, sangue in latino, è un tema che ha radici antiche: il sangue di Cristo, il sangue dei martiri sono all’origine stessa dell’arte cristiana e sono state affrontate nei modi più diversi al mutare delle circostanze storiche. In questa occasione manifesta l’urgenza dell’artista a riflettere sul tema della violenza sulle donne.

Giovane artista nell’Italia degli anni Settanta, Renata Rampazzi ha da sempre sentito la necessità di tradurre nei suoi quadri la forza della denuncia contro la discriminazione di genere. A metà tra insofferenza all’ipocrisia borghese e l’urgenza dell’esprimersi, l’artista ha riversato sulle tele la rabbia, il disagio, l’impazienza senza mai sfociare nell’osceno e nell’ovvio, ma trovando una forza pulsante e viva nel colore più provocatorio di tutti: il rosso. Con pochi tratti, ma ricchi di significante e significato, l’artista riesce a suggestionare, evocare, rappresentare pur rimanendo nell’astratto.

Le sue opere, che coprono un arco temporale dal 1977 al 2020, si declinano in Composizioni, Ferite, Sospensioni Rosse, Lacerazioni sino ad arrivare all’installazione Cruor del 2018, realizzata con la collaborazione della scenografa Leila Fteita esposta per la prima volta nella sede della Fondazione Cini di Venezia, che riassume visivamente e in modo esperienziale le altre.

Mischiando terre e pigmenti, Renata Rampazzi ha dipinto una trentina di garze, simbolo delle medicazioni delle ferite subite dalle donne, in una variazione di rossi, dal più tenue al più vivido. Appesi al soffitto su piani sfalsati, come una sorta di cortine da palcoscenico, questi lunghi drappi di 4×1 metri invitano il visitatore ad addentrarsi in un labirinto emotivo, in cui si penetra nella sofferenza e nella privazione della propria identità a causa della violenza, grazie anche alla coinvolgente atmosfera creata dalle musiche di Minassian, Ligeti e Gerbarec.

Nell’intento dell’artista la mostra vuole essere un viaggio nel quale il visitatore debba sentirsi coinvolto fisicamente, un percorso emotivo che non tanto illustri, quanto evochi in un’alta tensione morale e intellettuale il tremendo fenomeno della violenza sulle donne, raccontato non in maniera manifesta ma tuttavia evidente e urgente, grazie al colore rosso presente su tutte le opere esposte.

È prevista una tavola rotonda che affronterà da diversi punti di vista ed esperienze il tema della violenza nei confronti delle donne. A confrontarsi su questo argomento saranno Dacia Maraini, scrittrice, Luciana Castellina, politica, Chiara Valentini, giornalista e saggista Margarethe Von Trotta, regista, Francesca Medioli, storica, Massimo Ammanniti, psicanalista, e la stessa Renata Rampazzi.

La mostra è accompagnata da un catalogo (Edizioni Sabinae, bilingue italiano, inglese) con testi di Dacia Maraini, Maria Vittoria Marini Clarelli e Claudio Strinati e una testimonianza dell’artista. L’intero ricavato delle vendite del catalogo sarà devoluto all’Associazione Differenza Donna.

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