Biennale Gherdëina 7


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Negli spazi pubblici di Ortisei (BZ) e nei paesi limitrofi, in Val Gardena, sulle Dolomiti, si svolge la mostra internazionale di arte contemporanea “Biennale Gherdëina 7”, organizzata dall’associazione Zënza Sëida e a cura di Adam Budak, aperta fino al 20 ottobre 2020, che coinvolge circa 30 artisti internazionali: Agnieszka Brzeżanska (POL), Brave New Alps (ITA), Carlos Bunga (PRT), Pavel Büchler (CZE/UK), Josef Dabernig (AUT), Aron Demetz (ITA), Habima Fuchs (CZE), Henrik Håkansson (SWE), Petrit Halilaj e Alvaro Urbano (RKS – ES), Ingrid Hora (ITA), Paolo Icaro (ITA), Hans Josephsohn (CH), Lang/Baumann (CH), Tonico Lemos Auad (BRA), Kris Lemsalu (EST), Sharon Lockhart (USA), Myfanwy MacLeod (CAN), Antje Majewski (con Pawel Althamer (POL), Alioune Diouf (SN), Cecilia Edefalk (SWE), Pawel Freisler (SWE), Gregor Prugger (ITA) u. a.) (GER), Marcello Maloberti (ITA), Franz Josef Noflaner (ITA), Paulina Ołowska (POL), Pakui Hardware (LIT), Maria Papadimitriou (GR), Nicolas Party (CH), Stefan Rinck (GER), Hermann Josef Runggaldier (ITA), Marinella Senatore (ITA), Paloma Varga Weisz (GER). 

Kris Lemsalu, Holy Hell O, 2018, installation view. Mark Blower

Questa 7° edizione ha per titolo “a breath? a name? the ways of worldmaking“ (un respiro? un nome? modi di fare il mondo) e pone l’attenzione sulle esigenze vitali fondamentali dell’interazione umana. I “focus” di quest’anno sono l’importanza delle questioni socio-politiche nel processo di creazione del mondo (“Worldmaking”) e la resilienza che la cultura e la natura garantiscono in questo processo. Tematiche di grande attualità, dunque, su cui gli artisti saranno chiamati a confrontarsi interagendo con lo spazio pubblico, il paesaggio, le persone e la storia del territorio, per realizzare, in alcuni casi, anche opere inedite e site-specific.

In questa edizione le aree tematiche affrontate, ossia il significato del patrimonio culturale, la ricerca del posizionamento strategico nella storia, l’importanza del concetto di comunità, l’onnipresenza della natura e della sua “industria”, sono contestualizzate in un quadro socio-politico che non trascura gli aspetti più poetici, spirituali ed esistenziali. Come nelle edizioni precedenti, un ruolo importante è rivestito dalla complessità della lingua ladina e si tornerà a occuparsi della continuità e della persistenza delle tradizioni, tenendo sempre conto della necessità di reinterpretarle, metterle in discussione e potenzialmente trasformarle.

Focus della Biennale di quest’anno sono dunque il significato e la consapevolezza della rilevanza socio-politica nel processo di creazione del mondo, il fattore dinamico all’interno di questo processo, ma anche la resilienza che cultura e natura garantiscono. Si tratta di un processo di emancipazione che tiene conto in modo responsabile e lungimirante dell’unicità storica del luogo, che qui si è sviluppato in una visione matura e coraggiosa del futuro.

Tre i capitoli sulla sociologia dell’incontro e la strategia della pluralità che costituiranno il nucleo originario della realizzazione di nuovi mondi: ecology of others, sul rilancio della relazionalità (secondo la riflessione di Philippe Descola in merito al legame natura-cultura); in praise of hands, sull’arte del tatto (questo capitolo è fortemente ispirato al sogno di Henri Focillon sull’autonomia dell’arte rispetto ai materiali, alle tecniche e ai segni); e infine the cloud of possibles, sulla diffusione dell’entusiasmo e sul potere della differenziazione (facendo riferimento a quello che Maurizio Lazzarato definisce “il passaggio da un rapporto capitale-lavoro a uno capitale-vita”).

Responsabilità e umiltà sono gli approcci che uniscono tutti e tre i capitoli, nel tentativo di padroneggiare le più grandi sfide del processo attivo di “worldmaking”, con capacità di reazione e attenzione.

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