Evento e opera d’arte. Dalla Preistoria al Rinascimento


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L’arte si può raccontare in tanti modi diversi: i libri, i documentari, gli articoli di giornali o su riviste lo fanno per autori, opere, periodi, correnti, paragoni, confronti, prediligendo soprattutto i percorsi storico e tematico, in rapporto più o meno dialettico all’evolversi delle civiltà (nel primo caso) o il sovrapporsi dei molti temi culturali legati all’arte medesima (nel secondo). Ma esiste anche un altro sentiero poco battuto affinché possano emergere inedite narrazioni attorno all’arte ed è quello del cosiddetto evento. Prima però occorre fare un passo indietro! Anzi andare molto in là con i secoli e i millenni!

Uno scorcio del Parco Archeologico di Pompei

Il discorso, infatti, in merito a evento e opera d’arte è che, ovviamente, non si sa quanto sia nata l’arte (intesa quale ‘visiva’, ‘figurativa’ o ‘plastica’, benché in origine interfacciabile spesso con altre discipline oggi definite teatrali, coreutiche, musicali, narrative), ma di fatto antropologi ed etnologi rivelano come essa sia presente ovunque, in ogni formulazione spazio-temporale: laddove non vi siano tracce materiali (ad esempio un ramo istoriato) risulta il corpo umano stesso a fornire lo ‘strumento’ adatto a rappresentare al meglio il desiderio di  esprimersi mediante forme, colori, segni e disegni.

Sino all’avvento delle prime compiute civiltà in Egitto, Medioriente, India, Cina, Indocina, Centramerica – ‘compiute’ anche dal punto di vista artistico – resta impossibile datare tutta l’arte precedente che, sul piano dei ritrovamenti, forse è poca cosa (graffiti e statuette o frammenti di oggetti domestici) benché dimostri la varietà e magari la consapevolezza di un’inventiva estetica in relazione alla padronanza dei mezzi impiegati. Certo, sarebbe bello che, con una macchina del tempo, si potesse scoprire giorno, mese, anno di tanti ‘eventi’ epocali, dall’inaugurazione delle pitture rupestri di Altamira e Lascaux alla collocazione finale di una Veneri preistorica di Willendorf nel luogo sacro.

Ma il problema della datazione – non solo dell’evento ma soprattutto dell’opera d’arte – rimarrà forse uno dei molti enigmi irrisolti della (prei)-storia umana così come quelli dei successivi periodi, ancora fino a epoche recenti. È infatti solo con l’invenzione della stampa 1450 di Gutenberg e del più o meno coevo collezionismo privato che gli uomini iniziano ad accumulare, catalogare, etichettare opere d’arte, con una sempre maggiore coscienza della distanza storica. Tuttavia l’attenzione verso l’evolversi dell’arte, mediante criteri di scientificità, inizia solo con il XX secolo che, a sua volta, deve far fronte a ulteriori problemi. Allora, un criterio oggi valido per parlare di arte, oltre l’approccio per opere, autori, periodi, eccetera di cui sopra, risulta appunto quello di raccontarla attraverso l’evento – e gli eventi e le serie di eventi – nonostante le problematicità critiche annesse a questa metodologia. Infatti la questione diventa subito insormontabile, andando indietro nel tempo, per almeno una duplice casistica.

La prima riguarda la scarsità di documenti che rivelino ad esempio la data precisa di una tavola del Fayyum o di una statua kouros di Melos: e si tratta di un caso che si trascina fino a oggi nel senso che, nel recente passato o nell’attuale presente, sono ancora molti gli artisti che (talvolta di proposito) evitano di indicare giorno, mese, anno di una loro creazione. La seconda casistica concerne le opere d’arte distrutte, abbandonate, sparite, mutilate per colpa dell’uomo, nel corso del tempo, mediante casi riguardanti di volta in volta guerre, catastrofi, incuria, iconoclastie, censure, violenze ideologiche e religiose. Ad esempio nella storia antica e medievale, dalla Bibbia a Lutero, molta teologia insiste nel combattere contro le immagini religiose e le immagini tout court, fino alle recenti devastazioni di siti archeologici mediorientali da parte di Al-Qaeda e dell’Isis (ovvero l’estremismo islamico).

Su quest’ultimo tema – ovvero sul patrimonio artistico andato perduto lungo il XX secolo, ovvero nel periodo di maggior interesse verso la tutela del patrimonio artistico e paradossalmente di peggiori danni a esso stesso, se si considera che nella sola Seconda Guerra Mondiale sono nove milioni i pezzi inventariati rubati, manomessi, distrutti, persi – esistono già ottimi filoni di ricerca, che sanno oltretutto collocare l’evento negativo, ossia ad esempio giorno, mese, anno del rogo nazista di arte degenerata o del bombardamento alleato di Monte Cassino o degli ordigni americani all’Angkor Wat durante il conflitto in Vietnam o di quelli mafiosi al PAC di Milano.

Tornando però al discorso su evento e opera d’arte, sono molti gli studiosi (archeologi, storici, scienziati) a ritenere che, fino a tutto il Medioevo, le opere (pittura, scultura, architettura, arti decorative) scomparse  siano di un numero di gran lunga superiore a quelle rimaste (e quasi mai ‘leggibili’ come all’epoca dell’evento della loro creazione).

Difficilmente si riusciranno a trovare documenti che attestino la presenza di eventi nella storia dell’arte, antica se si nasconde ad esempio, tanto per citare il primo caposaldo dell’estetica dell’arte occidentale, che dell’arte greca si conosce ben poco (tranne l’archittetura monumentale di templi e anfiteatri) a livello di testimonianze originali: di parecchie statue esistono esclusivamente copie romane di molti secoli posteriori; dei templi è svanita la decorazione a vivaci colori applicata alle superfici marmoree; della pittura non rimane più nulla, se non i soggetti riprodotti sul vasellame, un po’ come se al Van Gogh Museum di Amsterdam restasse solo lo shopping con l’Autoritratto o I girasoli stampigliati sui gadget.

Moltissima arte greca è certamente scomparsa a causa di innumerevoli eventi più o meno facilmente databili, che riguardano fenomeni extra-artistici, dalle Guerre Persiane all’Impero Ottomano (oltre duemila anni). Dalla Grecia il problema, per restare al solo Occidente – benché il resto del Mondo sia forse più martoriato da questa angolazione – si sposta in seguito a tutte le ere successive costellate di eventi soprattutto militari e sociopolitici già ampiamente individuati dagli storici di professione. È infatti risaputo che dei Romani si conservano molte opere d’arte (così come molta documentazione storica generale); viceversa dell’epoca susseguente – l’Alto Medioevo dei cosiddetti secoli bui – l’informazione è scarsa e scadente a ogni livello, per il semplice fatto che i barbari invasori (e nomadi), oltre non praticare la scrittura, possiedono un’arte – composta soprattutto da tessuti e stoffe per abiti, tende, arazzi – che, per via delle materie deperibili, non dura che qualche decennio (a differenza di corone, fibbie, monili, gioielli di cui resta invece qualche esempio, perché in gemme e metalli).

Ancor oggi non si sa se la pittura venga praticata dai distruttori dell’Impero Romano d’Occidente, anche perché di mezzo ci si mette pure il Cristianesimo ad alternare fasi acerrime di iconoclastia durissima a intensi momenti di rappresentazione figurativa. Del resto, come per la Grecia con i vasi, così la pittura di Roma è nota oggi per i pavimenti a mosaico rintracciati nelle ville (un paio a Spello e a Rimini scoperti di recente e splendidamente valorizzati). Allora in che modo tirar fuori il discorso dell’evento?

C’è una data fondamentale al proposito: il 24 e il 25 ottobre del 79 l’eruzione del Vesuvio distrugge le città Ercolano, Pompei, Stabia o meglio le nasconde sotto una coltre di lava poi indurita fino a che il 23 marzo 1748 l’ingegner Roque Joaquín de Alcubierre dirige gli scavi che permetteranno la diretta conoscenza dell’arte romana in rapporto all’identità sociale, quotidiana e urbanistica dell’intera zona, un po’ come se oggi in Italia rimanessero in piedi solo Rapallo e Portofino, dove ville, alloggi, mansarde dei vip è probabile che custodiscano buone collezioni di quadri e litografie di stile moderno e contemporaneo (nulla però al confronto di quanto raccolto in musei e gallerie lungo la Penisola!).

Infine, per raccontare le connessioni tra evento e opera d’arte con la finalità di capire cosa stia succedendo attualmente, occorre però ripartire dal Rinascimento quando inizia a formarsi una consapevolezza estetica non dissimile da quella odierna: ma questo potrà avvenire solo dal prossimo articolo.

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