Liao Pei. Liquid Shadow


Stampa

Presso Visionarea Art Space, Auditorium della Conciliazione di Roma, è esposta la mostra “Liao Pei. Liquid Shadow”, fino al 6 marzo, realizzata a cura di Wang Meng e Gianluca Marziani, come viaggio immersivo nelle visioni dell’estremo oriente in dialogo con il vecchio continente, ad opera di un’artista che scandaglia volti, toccando il metafisico.

La mostra gode del il prezioso sostegno della Fondazione Cultura e Arte, ente strumentale della Fondazione Terzo Pilastro, Internazionale, presieduta dal Prof. Avv. Emmanuele Francesco Maria Emanuele.

Liao Pei-Shadow No 7, 2019, Olio e carboncino su tela, cm50x50

È qui raccolta una selezione di pitture ad olio su tela. Le opere, realizzate nel corso del 2019, catturano lo spazio come una costellazione omogenea e orchestrale. Dotate di forte impatto e altrettanto mistero, somigliano a particelle cellulari di un organismo sinaptico, sorta di oscuri frammenti fluidi che galleggiano nel bianco amniotico della galleria.

Liao Pei dipinge volti, corpi, spiriti, fantasmi, anime e ogni quadro racchiude idealmente tutte queste identità ma nessuna supera le altre per evidenza figurativa. Il fantasma diventa solido, il volto cattura l’evanescenza, l’anima trattiene qualcosa del corpo, lo spirito poggia i piedi al suolo: ogni apparizione pittorica è il senso di un controsenso, le semplici categorie si sfaldano, gli stati fluttuanti della materia trasformano la narrazione lineare e il suo contenuto simbolico. La pittura di Liao Pei riesce dove altri linguaggi visivi si fermano: scende nella radice dello sguardo, nel sottosuolo invisibile dell’io, in una geologia spirituale dove il complemento di supporto è un certo suono elettronico, quel sistema di bordoni, glitch e field recording (Fennesz, Rafael Anton Irisarri, William Basinski, Ben Frost, King Midas Sound, Oren Ambarchi) che ha trasformato la musica recente in una raffigurazione elettrica dei paesaggi interiori.

L’artista cinese metabolizza la memoria di formazione autoctona con i processi di sintesi del globalismo linguistico. Il risultato ci trascina in un vortice distopico, dentro il mare nero delle ombre liquide che diventano segnali atavici, flash della memoria, quark retinici. Sono “apparizioni” inafferrabili, passaggi densi eppure rapidissimi, istanti che dilatano la propria stasi a due dimensioni. Non esistono polarità terrestri, alto e basso, sopra e sotto, adesso e dopo; qui si fa un salto centrifugo nell’antimateria interiore, nella veggenza aliena, nei disegni neolitici, nelle nebulose cosmiche, nel micromondo cellulare.   

Share Button