Per rendere omaggio al centenario della morte di Umberto Moggioli (1886-1919), la Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro di Venezia realizza una mostra che rimarrà aperta fino al 1 marzo 2020 curata da Gabriella Belli, Elisabetta Barisoni con la collaborazione di Mauro Zazzeron. Questa mostra si propone di ripercorrere, attraverso una selezione di venti opere, fra oli, disegni e acqueforti di assoluto livello qualitativo, quel segmento di produzione che meglio rappresenta e identifica il pittore nell’immaginario collettivo. La sua attività di paesaggista, per lo più ispirata alla Venezia “minore”, periferica, delle isole e barene lagunari, è ben testimoniata da alcuni dipinti che proprio grazie alle rassegne giovanili di Ca’ Pesaro e all’azione promozionale di Gino Damerini dalla “Gazzetta di Venezia”, incontrarono il gusto del pubblico e l’apprezzamento unanime della critica.
Il paesaggio lagunare e le isole dell’estuario costituiscono il nucleo tematico della mostra, la quale copre un orizzonte temporale ristretto ai quattro anni del soggiorno buranello dell’artista (dicembre 1911-marzo 1915). I dipinti presentati da Moggioli alle esposizioni capesarine, specialmente dopo il 1909, mettono in evidenza gli aspetti più sentimentali e sinestetici del “fare” pittura, intesa come strumento in grado di coinvolgere emotivamente lo spettatore. Il pittore cerca negli accordi cromatici non solo di rendere le vibrazioni atmosferiche legate alle stagioni e al variare delle ore del giorno, ma anche di sollecitare i sensi facendo leva sulle potenzialità allusive dei toni. Paradigmatici, in tal senso, oltre al ben noto Ponte verde, sono alcuni lavori esposti alla “Permanente” di Palazzo Pesaro nel 1912: in Paesaggio in sole, Dalle barene di S. Francesco del Deserto e nell’Isola del silenzio, la componente poetica si traduce visivamente nei grandi cieli serotini solcati da nubi ricche di sfumature lilla. Le stesse risonanze liriche e lo stesso potere attrattivo si avvertono nel decorativismo dei cirri biancastri, sinuosi e filiformi, che occupano più di metà inquadratura in Cipresso gemello e Burano. L’itinerario espositivo include opere solitamente non visibili al pubblico, provenienti da collezioni sia pubbliche che private, gran parte delle quali transitate nelle sale di Ca’ Pesaro (il riferimento è alle mostre del 1912 e 1913 e a quelle postume del 1919 e 1925). Per la prima volta è possibile ammirare, una di fianco all’altra, e a distanza di più di settant’anni, le due immagini dell’isola di Burano osservata dall’alto, con gli orti coltivati lambiti dalla laguna e le sue case variopinte illuminate dalla luce vespertina. Ma sarà anche un’occasione unica per vedere riuniti a Sera di primavera, esposto alla XI edizione della Biennale, gli altri oli aventi anch’essi per soggetto Burano, vista dalla poco lontana isola di Torcello; tutti dipinti non esenti da interferenze culturali mitteleuropee, che nel linearismo avvolgente e nelle sinuosità fitomorfe dichiarano i legami in essere con la cultura simbolista fin de siècle, mentre le pennellate ampie e fluenti, fuse in campiture omogenee, si ritrovano, assieme alle suggestive gradazioni fredde del cobalto, nei coevi Notte a Mazzorbo e Canale di Saccagnana. L’esposizione vuole dunque essere un tributo doveroso a una personalità di assoluto rilievo, affatto marginale, che pur nell’autonomia del proprio percorso espressivo, ha indissolubilmente legato il suo nome a quello dell’avanguardia capesarina, contribuendo a rinnovare il panorama figurativo veneziano dei primi due decenni del Novecento.