Neo Rauch. Opere dal 2008 al 2019


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Neo Rauch, artista tedesco, nato a Lipsia nel 1960, che espone per la prima volta in Italia, compone la sua mostra con 37 tele realizzate appositamente per l’occasione e per gli spazi dell’Andito degli Angiolini a Palazzo Pitti di Firenze, dove resterà fino al 12 gennaio 2020.

Questi ambienti ottocenteschi si rivelano congeniali alle visioni poetiche e spesso enigmatiche di Rauch, che sfidano l’osservatore attingendo a fonti figurative e del Romanticismo tedesco, e che nell’indagine profonda della condizione umana rivelano l’influenza del Realismo socialista e del Surrealismo.

La mostra è curata da Max Seidel e Serena Calamai.

Protagonista della mostra è un autoritratto, che Rauch, per questa occasione, ha deciso di donare alle Gallerie degli Uffizi: entrerà a far parte della storica collezione di questo tipo di opere custodita nel complesso museale.

L’articolata ed enigmatica estetica di Rauch, che mescola, spesso nello stesso dipinto, elementi e paesaggi tratti dal figurativismo e dal Romanticismo tedesco con gli stilemi del realismo di stampo socialista e le forme astratte e primordiali del surrealismo, si fonde dunque con l’ariosità geometrica delle architetture e delle decorazioni di Palazzo Pitti, creando un’alchimia visiva unica.

L’artista svela anche alcuni segreti sulla sua particolare tecnica creativa: “Faccio un primo abbozzo, introduco nel dipinto delle figure senza sapere ancora quali funzioni spetteranno loro e poi il giorno successivo introduco una seconda figura o un edificio queste dovrebbero intrecciarsi a un contesto sensoriale e non tendere sin dall’inizio verso un significato, è una differenza importante per me. C’è anche questo bellissimo momento di interazione, che mi piace paragonare a una partita di scacchi contro se stessi, perché quando gioco a scacchi con me stesso, allora devo sfrecciare attorno al tavolo e assumere il ruolo dell’avversario, e per mantenere attivo il principio del gioco, devo comportarmi diversamente da questa parte del tavolo che non dall’altra, devo fare qui le mie mosse impulsive e dall’altra quelle rigorosamente analitiche, o viceversa. Devo impersonare l’altro, e così mi comporto sulla tela, faccio una mossa con cautela e devo poi liberare la componente irrazionale, in modo da non soffocare il tutto”.

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