Giapponismo. Venti d’Oriente nell’arte europea. 1860 – 1915


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A Palazzo Roverella di Rovigo, fino al 26 gennaio 2020, è esposta una mostra dedicata all’arte decorativa giapponese e all’influenza che essa ebbe sul finire del XIX secolo e che diede una notevole scossa all’intera Arte europea.

La mostra, curata da Francesco Parisi, è promossa e realizzata in collaborazione tra Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, Comune di Rovigo e Accademia dei Concordi e si rivela un originale mappando delle tendenze giapponiste dell’Europa tra Ottocento e Novecento: dalla Germania all’Olanda, al Belgio, dalla Francia all’Austria, alla Boemia, fino all’Italia.

Paul Gauguin, Fête Gloanec, 1988, Orléans, Musée des Beaux-Arts

Tale racconto si sviluppa in quattro ampie sezioni che affianca originali e derivati, ovvero opere scelte fra quelle che giungendo dal Giappone divamparono a oggetto di passioni e di studi in Europa, accanto alle opere che di questi “reperti” evidenziano la profonda influenza.
Pittura e grafica, ma anche architettura, arti applicate, illustrazione, manifesti, arredi, ecc., a dar conto, per la prima volta in modo organico, di quanto capillarmente e profondamente quel Giapponismo sia entrato nel corpo della vecchia Europa.

Quattro sezioni, quante furono le grandi Esposizioni Universali che in quei decenni contribuirono, grazie alla presenza dei padiglioni giapponesi, a svelare ed amplificare il nuovo che giungeva da così lontano, da quel luogo misterioso e magico.
Così, accanto ai capolavori di Gauguin, Touluse Lautrec, Van Gogh, Klimt, Kolo Moser, James Ensor, Alphonse Mucha sono esposte opere che mostrano tendenze giapponiste degli inglesi Albert Moore, Sir John Lavery e Christopher Dresser; degli italiani Giuseppe De Nittis, Galileo Chini, Plinio Nomellini, Giacomo Balla, Antonio Mancini, Antonio Fontanesi e Francesco Paolo Michetti; i francesi Pierre Bonnard, Paul Ranson, Maurice Denis ed Emile Gallé; i belgi Fernand Khnopff e Henry Van De Velde.

Questa influenza si percepì in particolare nella tendenza a propendere verso nuove e più essenziali norme compositive fatte di sintesi e colori luminosi.
La svolta avvenne quando, all’inizio degli anni ’60 dell’Ottocento cominciarono a diffondersi in Europa, e principalmente in Francia, ceramiche, stampe, ed arredi da giardino dall’Impero del Sol Levante. Le prime xilografie si diffusero dapprima grazie al commercio di vasi e ceramiche, con cui questi venivano “avvolti” e “impacchettati”. I preziosi fogli erano spesso i celebri manga di Hokusai o altre brillantissime stampe di Utamaro e Hiroshige che tanta influenza ebbero sugli Impressionisti, sui Nabis, fino alle Secessioni di Vienna e Monaco per concludere il loro ascendente con i bagliori della Grade Guerra trasformandosi in un più generico culto dell’oriente nel corso degli anni 20 e 30 del Novecento.
La moda giapponista, esplosa attorno al 1860 e destinata a durare almeno un altro cinquantennio coinvolse dapprima la ricca borghesia internazionale, ma soprattutto due intere generazioni di artisti, letterati, musicisti e architetti, trovando via via sempre più forza con l’innesto della nascente cultura e Liberty e modernista.

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