In un saggio del 2010, dal titolo “Si fa con tutto”, Angela Vettese rifletteva su quello che era – ed è tuttora – il linguaggio dell’arte contemporanea. Partendo dal lasso di tempo che va dal 1905 al 1924, cioè il periodo che vide l’affermarsi delle avanguardie storiche, l’autrice compilava un esaustivo atlante in cui, portando esempi concreti, elencava le varie modalità e le varie lingue che parla l’arte di oggi.
Secondo Angela Vettese l’arte si è sottratta agli steccati di discipline particolari, ma ciò non significa che sia stata privata di rigore, sia sul piano realizzativo che su quello del pensiero. A fare da spartiacque di quello che prima era un percorso unitario, sfaldato dalle picconate del postmoderno, come bene affermava Lyotard, è stata la globalizzazione.
«I nuovi metodi dell’arte visiva accolgono ed esibiscono la distanza tra ciò che siamo stati per millenni e ciò che stiamo diventando», tenendo conto del fatto imprescindibile che «la forma resta, per quanto possa essere mutato il suo modo di presentarsi». È un concetto che vale sempre la pena sottolineare quello relativo alla forma che, nell’estetica dell’arte, è imprescindibile dal contenuto.
L’arte cambia per sua ontologia, sarebbe reazionario affermare il contrario, e non è né meglio né peggio di quella prodotta nel passato (Gombrich docet). È un fenomeno e come tale va interpretato, possibilmente epurandolo di ogni traduzione sovrastrutturale volta a strumentalizzarlo. Insomma, «l’artista ci mette in condizioni di capire chi stiamo diventando», conclude Angela Vettese riferendosi all’ineluttabile rapporto dell’arte con la storia.
Chi sta seguendo questa via è Lia Pascaniuc, artista rumena che lavora in Italia dal 1997. Si è trasferita a Torino dal suo Paese di origine dove è nata nel 1981. Era bambina quando Ceausescu e il suo regime cadevano sotto i colpi della rivoluzione del 1989. La storia di Lia, il suo riscatto, la sua determinazione e la sua volontà di emergere hanno ispirato anche una graphic novel scritta da Davide Ferraris e disegnata da Max Ramezzana.
Lia Pascaniuc, che fortunatamente non si è piegata all’educazione istituzionale dell’Accademia, è convinta fino al midollo del fatto che l’arte sia cosa viva e come tale necessiti di un confronto costante e attivo con l’attualità e con i mezzi di comunicazione a essa legati. Perciò ha necessità di interagire con i linguaggi che la circondano, siano essi tradizionali o innovativi, compresi naturalmente i più recenti come le tecnologie digitali. Lei stessa si definisce un’artista visuale.
Cambiamenti climatici, global warming (riscaldamento globale), trasformazioni irreversibili e tutto ciò che riguarda la natura sono i campi d’indagine prediletti di Lia Pascaniuc che ha nelle teorie del sociologo Zygmunt Bauman le fondamenta di costruzione della sua poetica in cui non c’è nulla di immutabile e tutto si trasforma, in un eterno divenire.
Di recente Lia Pascaniuc è stata chiamata a Brescia dalla Galleria Colossi per la collettiva “Quante storie sulla luna… a cinquant’anni dall’allunaggio” che ha chiuso i battenti il 20 luglio scorso, lo stesso giorno in cui, mezzo secolo prima, l’uomo muoveva i primi passi sul nostro satellite. Oltre cinquanta artisti contemporanei, tra i quali appunto Lia Pascaniuc, hanno elaborato le suggestioni e le emozioni suscitate da questo evento, declinandole secondo il loro linguaggio espressivo in oltre sessanta opere, realizzate appositamente per l’occasione, tra sculture, installazioni e lavori pittorici.
L’opera che Lia Pascaniuc ha presentato è “Supernove” (2018). Essa si ispira appunto alle supernove, potenti esplosioni di stelle, di solito quelle più grandi e lontane nell’universo, che emettono una luminosità abnorme e che, in contemporanea, forniscono tantissima energia in funzione alla loro dimensione. Nella nostra Galassia l’ultima osservata e visibile ad occhio nudo fu nel febbraio 1987 nella Grande Nube di Magellano che dista da noi circa 160.000 anni luce.
Per comprendere meglio le dinamiche di una disciplina che richiede alta specializzazione Lia Pascaniuc ha chiesto la consulenza dell’astrofisica Claudia Travaglio (ricercatrice presso il National Institute for INAF-Osservatorio di Torino), che le ha spiegato per filo e per segno cosa sono le “polveri di stelle” presenti nei residui di supernove. Sono formate da elementi chimici come il silicio, il carbonio e il ferro, rimangono intrappolate in meteoriti e, se studiate in laboratori specializzati, ci possono veramente raccontare la loro origine e in esse possiamo leggere la storia della stella da cui provengono.
Come detto “Supernove” è stata realizzata per celebrare i cinquant’anni dallo sbarco sulla Luna. Prezioso il materiale utilizzato dall’artista: broccato di seta con filo d’oro in rilievo su telaio in legno. Un’opera impattante, ma delicata, non invadente. Un’opera che riassume il pensiero di Lia Pascaniuc, ovvero che il cielo non è immutabile, l’universo si espande, quindi è liquido.
Con la sua ricerca l’artista «ci mette in condizioni di capire chi stiamo diventando», esattamente come sosteneva Angela Vettese, perché, mai come in questo caso, scandaglia il legame tra uomo e natura universale. Se la società in cui viviamo è liquida, allora per sopravvivere dobbiamo adattarci, partendo per prima cosa dal rispetto per il pianeta che ci ospita.
Come ha sostenuto la stessa Pascaniuc in una recente intervista: «Credo molto nel principio della fisica che recita “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. Si spera sempre in una stabilità che la natura è in grado di garantire da sola». Ma la speranza da sola non serve, occorrono gesti concreti, che possono essere mossi soltanto dall’arte e da chi ha la sensibilità di ascoltarli.
Lia Pascaniuc nasce in Romania nel 1981 e vive a Torino dal 1997. È una visual artist che utilizza linguaggi contemporanei come la fotografia, il video, la scultura, ologrammi e nuove tecnologie multimediali anche site specific per indagare tematiche ed emergenze dell’odierna società, come i cambiamenti climatici, le trasformazioni irreversibili ed il global warming. La natura e la sua evoluzione mutevole come struttura portante della vita umana è un’ispirazione costante.
Le sue opere sono presenti nelle collezioni permanenti della Forever Olympic Art Museum Center Beijing (China), Galleria Civica del Museo di Modena, MUSINF – Museo Comunale d’Arte Moderna, dell’Informazione e della Fotografia di Senigallia, del Florean Contemporary Art Museum (Romania), oltre che di numerosi collezionisti privati.
Attualmente in mostra a Varigotti, al Boutique Hotel Albatros; alla Galleria Collosi di Brescia con il group show “Quante storie sulla luna…a cinquant’anni dall’allunaggio” e per Barbara Paci Galleria d’Arte, Milano Natural design – Salvioni Milano Durini.
A breve inaugura oltre Vita Liquida a Xerjoff Gallery Torino, Global warming a Casa Olimpia – Sestriere. Tra le partecipazioni più importanti ricordiamo: 2018 all’archivio italiano dell’autoritratto fotografico – Senigallia; con Però!! alla Chiesa San Filippo – Carmagnola, con Vita Liquida, presso la Galleria Weber & Weber – Torino; con La complessità dei paesaggi – China Photojournalism (Shandong); Global warming – Parma360; nel 2017 con La solitudine dell’autoscatto al Palazzo Guidobono – Tortona; nel 2016 Vita Liquida – Acquario Civico di Milano; Istanbul ArtFAir con Galleria Barbara Paci e De Rerum Natura “Infra Terram” a Pietrasanta, al Festival della Scienza, con Galleria AmyD – Genova; nel 2015 partecipa alla 11° ArtVerona Fair e Liquid Landscape – Galleria RezArte, Circuito Off Fotografia Europea.