Luigi Bartolini. Linee di libertà


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All’Accademia di Belle Arti di Roma nell’Aula Colleoni, fino al 16 aprile è allestita una mostra di incisioni di Luigi Bartolini, realizzata a cura di Giuseppe Modica in collaborazione con Luciana Bartolini, figlia dell’artista.
Luigi Bartolini (Cupramontana, 1892 – Roma, 1963) è considerato tra i maggiori incisori italiani del ‘900 e condivide questo unanime riconoscimento con Giorgio Morandi. Un marchigiano e un emiliano, che insieme a pochi altri scrissero la storia della grafica d’arte novecentesca, nel segno dell’innovazione, di un linguaggio indipendente e di un’urgenza poetica capace di surclassare il virtuosismo tecnico.

Luigi Bartolini, Argonauta argo-La fragile conchiglia, 1936, acquaforte-Courtesy © Archivio privato Luigi Bartolini


La poesia resta, nel percorso di Bartolini, una nota costante e squillante. Tanto che lui stesso definì quelle sue geniali esplorazioni grafiche della natura come “deformazioni liriche suggerite dalla mia estrosità poetica”, non certo delle “affrettate annotazioni“. Il segno nervoso graffiava il foglio non immacolato, oltre ogni anelito di purezza e di perfezione, quasi in accordo col temperamento passionale, con l’indole ironica e dissacrante, con la vivacità di pensiero e di sguardo. L’incisione, l’acquaforte in particolare, tra “maniera bionda” e “maniera nera”, era per lui occasione di sperimentazione, una lavorazione sulle superfici duttili, con gli inchiostri e i torchi, ma soprattutto con quei soggetti che, oltre l’estetizzante eredità simbolista, oltre il paesaggismo accademico o la schietta critica realista, egli trasformava in apparizioni fugaci, vibranti, aggraziate, impetuosamente pittoriche. Non scontate, se pur nutrite di un costante studio della tradizione.

Precisa Giuseppe Appella: “Gli stessi ricordi si perdono tra passaggi e velature, si fondono – fantasmi ricacciati nel profondo e subito riapparsi – nelle nervature dei segni, vibrano sul fondino giallo che esalta gli spazi”. Ne deriva un intreccio di segni veloci, di bianchi e neri profondi, ma anche di forme lievi, a raccontare una natura poetica al limite dell’incanto.
Formatosi all’Accademia di Belle Arti di Roma, Bartolini fu un poeta del segno e autore di versi, testi critici, romanzi (su tutti “Ladri di biciclette”, da cui fu tratto il celebre film di De Sica), con oltre 70 pubblicazioni all’attivo. Fortemente critico nei confronti del regime fascista, fu accusato di mantenere segreti rapporti epistolari con i fuoriusciti, venne confinato a Merano e poi a Roma. Non sottoscrisse dunque il “Manifesto della razza” del 1938 e riuscì anche a salvare nel ’44 una famiglia ebrea di Königsberg, nascondendola nel suo appartamento per una decina di giorni. Un uomo dalla forte statura morale e intellettuale, oltre che dalla profonda umanità, a cui lo straordinario talento artistico procurò importanti partecipazioni istituzionali (incluse numerose edizioni della Biennale di Venezia, a cui fu invitato quasi ininterrottamente dal 1928 al 1962) e vari prestigiosi riconoscimenti, dall’ex equo con Morandi alla Mostra dell’Incisione Italiana di Firenze, nel 1932,  ai premi per la Quadriennale di Roma nel 1935 e per la Mostra Internazionale dell’Incisione di Lugano, nel 1950.

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Informazioni su Anselmo Villata

Caporedattore dell'Agenzia Stampa Verso l'Arte, Vice Presidente Internazionale dell'Associazione Internazionale dei Critici d'Arte, Docente presso la 24Ore Business School e presso la Giunti Academy, Curatore, Critico d'Arte, Saggista, Cultural manager e Cultural planner orientato alla promozione e alla valorizzazione dei Beni Culturali con un'ottica all'interdisciplinarità e alle collaborazioni internazionali.