“Mille fiate” è un progetto personale di Massimo Kaufmann (Milano, 1963) realizzato a cura di Giusi Affronti, che presenta sei opere (olio su tela) di grande formato, ospitate al secondo piano di Palazzo d’Accursio, a Bologna, all’interno della Sala Farnese, vestibolo quattrocentesco da cui si accede alla Cappella Farnese e alle Collezioni Comunali d’Arte.
La mostra è realizzata con il patrocinio di Do ut Do e con il sostegno di Art Defender, ed è compresa tra i main projects di Art City Bologna 2019 in occasione di Arte Fiera Fiera Internazionale di Arte Contemporanea (1 – 4 Febbraio 2019).
Essa si dispiega come una narrazione astratta lungo un’installazione di grandi tele allestite come quinte teatrali: è un invito a percepire le atmosfere del colore attraverso un’imponente decorazione tattile in dialogo con gli affreschi del XVII secolo, opera della bottega di Carlo Cignani, che rappresentano otto episodi della Storia della città.
Accompagnata dalle suggestioni della fisica epicurea, filtrate dalla lettura della poesia di Lucrezio nel De Rerum Natura, la pittura di Massimo Kaufmann, che nasce da lente sovrapposizioni di velature, dove l’azione si riduce ai minimi termini, indaga la ritmica del caos in una serie di opere dedicate al Clinamen, termine lucreziano che suggerisce l’indeterminatezza della materia e l’imponderabilità del caso.
I dittici, i trittici e i polittici in mostra evocano una concezione letteraria e sacrale della pittura; non a caso, il titolo della mostra è una citazione dal Canzoniere (Rerum Vulgarium Fragmenta) di Francesco Petrarca. Le sperimentazioni e le soluzioni compositive si moltiplicano in un allestimento aulico che ricostruisce uno spazio possibile dove l’invisibile non si configura come un’assenza ma diviene uno stato immaginario di immaterialità, uno stato di grazia dell’arte.
Nelle grandi tele di Kaufmann, apparentemente, non esiste paesaggio né narrazione. La maniera musicale, timbrica, del colore, scevra da simbolismi, assurge a strumento emotivo, empatico. Quasi come in un agone rituale, la pittura costituisce un medium epistemologico, un’opportunità di conoscenza ,un mantra meditativo che scandisce la perdita di sé fino all’estasi, per aprirsi a una visione di scenari possibili. Lo spazio della pittura è pervaso da una trama di punti di colore – stesi letteralmente con il contagocce – che conduce lungo imprevedibili traiettorie di pura energia.