L’arte in gioco. Materia e spirito 1943-1985


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huile sur toile, 1963
114 x 146 cm
Collection Fondation Dubuffet, Paris

Fino al 3 marzo 2019, Palazzo Magnani di Reggio Emilia celebra Jean Dubuffet (1901-1985), uno dei maggiori pittori del Novecento e protagonista dell’Informale, con una mostra dal titolo “L’arte in gioco. Materia e spirito 1943-1985”, con la quale ne illustra la figura di genio universale e multiforme, esplorando i numerosi cicli creativi, le vaste ricerche, le sperimentazioni tecniche inedite e originali.

La rassegna, curata da Martina Mazzotta e da Frédéric Jaeger, presenta una selezione di 140 opere tra dipinti, disegni, grafiche, sculture, libri d’artista, dischi, provenienti principalmente dalla Fondation Dubuffet di Parigi e dal Musée des Arts Décoratif di Parigi, nonché da musei e collezioni private di Francia, Svizzera, Austria e Italia, oltre a un nucleo di 30 lavori di protagonisti storici dell’art brut, realizzato in collaborazione con Giorgio Bedoni.

La mostra è suddivisa in tre sezioni principali e si sviluppa intorno alla dialettica tra le due nozioni di materia e spirito. La prima, dal 1945 al 1960, presenta tutta la ricchezza dei cicli intorno alla materia, da “Mirobolus”, “Macadam et Cie” a “Matériologies”; la seconda verte sugli anni compresi tra il 1962 e il 1974, con i lavori della serie de “L’Hourloupe”, nati da un disegno eseguito macchinalmente al telefono, che si trasformerà 12 anni più tardi in scultura monumentale. La terza parte esplora il nuovo orizzonte di intenso cromatismo, sviluppatosi tra il 1976 e il 1984 con i “Théâtres de mémoire” e con i “Non-lieux”, dove il forte gesto pittorico svela “non più il mondo ma l’immaterialità del mondo” (Dubuffet).

Infine, una sezione dedicata all’art brut, termine coniato nel 1945 dallo stesso Dubuffet che ne costituì la prima collezione al mondo designata con tale nome. Si tratta di una forma di espressione artistica spontanea, scoperta dall’artista negli ospedali psichiatrici, propria di quei talenti che, privi di una formazione accademica, sono posseduti da un istinto creatore puro e talvolta ossessivo. Qui si possono ammirare le opere di Aloïse, Wölfli, Wilson, Walla, Hauser, Tschirtner divenuti oramai parte integrante della storia dell’arte del XIX/XX secolo, provenienti dalla Collection de l’Art Brut di Losanna, da collezioni private svizzere e dal Gugging Museum di Vienna.

Nei libri d’artista Dubuffet introduce lo jargon, gergo fonetico di sua invenzione, diretto e immediato che decostruisce secondo nuove regole la lingua francese. Tra il 1948 e il 1950 scrive e illustra tre sorprendenti libri: “Ler dla campane”, stampato con mezzi di fortuna e su carta da giornale; “Anvouaiaje par in ninbesil avec de zimaje” dove gli omuncoli che popolano paesaggi inospitali sono un’anticipazione stilistica degli “Assemblages” del 1953; “Labonfam abeber par inbo nom”, pubblicato nel 1950, è un “Kama Sutra” alla Dubuffet.

Sono inoltre esposti alcuni elementi – scenografie, costumi – dello spettacolo “Coucou Bazar”, opera d’arte totale che contempla pittura, scultura, teatro, danza e musica, alla quale Dubuffet lavora dal 1971 al 1973 e che verrà realizzata anche a Torino nel 1978, in collaborazione con la FIAT.

È prevista una serie di attività collaterali: lezioni, conferenze, spettacoli, workshop realizzate in collaborazione con importanti istituzioni, oltre ad attività formative e didattiche (per scuole di ogni ordine e grado), corsi di aggiornamento per insegnanti, completano e arricchiscono il programma della mostra.

La mostra è corredata da un catalogo edito da Skira.

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