Il museo Arcos,, Arte Contemporanea Sannio, ospita, per la prima volta a Benevento, le opere dell’artista italo-albanese Alfred Mirashi Milot.
Il percorso espositivo della mostra, A Key for Humanity, curata da Ferdinando Creta e da Nello Valente, propone un importante gruppo di opere, tra dipinti su tela, sculture e installazioni, che contraddistinguono l’operato artistico di Milot degli ultimi vent’anni e testimoniano il suo dialogo continuo e fecondo tra pittura e scultura.
L’antologica ci rivela un’anima, quella di Milot, continuamente alla costruzione di ponti con le diverse culture che il mondo globalizzato contemporaneo ci propone.
Una produzione artistica frutto di chi esplora il mondo con occhi sempre nuovi e curiosi, lo sguardo di un nuovo Ulisse che attraversa la quotidianità, non sempre attenta a certi fenomeni culturali e sociali, e che, mai come oggi, ci pone di fronte a contraddizioni ed esigenze che non siamo in grado di capire e di gestire.
Lo stesso Milot ha vissuto e sperimentato sulla sua pelle il significato profondo dell’incontro tra culture così vicine, e tuttavia così distanti, come quella albanese, la sua terra di origine, e quella italiana, la terra che l’ha accolto, dove si è integrato, dove vive e che lo ha reso uomo e artista.
Il nome d’arte, Milot, è il segno d’affetto per la sua città d’infanzia, piccola frazione del comune di Kurbin, situato al centro-nord dell’Albania, dove ha vissuto i primi 20 anni, che hanno segnato il carattere e la spiccata sensibilità artistica.
Approfondendo il corpus dell’esposizione beneventana, trovano posto una serie di tele, realizzate in un arco di tempo che possiamo delimitare nella prima decade del nuovo secolo;
tra intense pennellate cromatiche, figurano alcuni reperti che rimandano alla statuaria classica ellenistica, così come i colori e la luce fanno da evidente richiamo alla mediterraneità.
Queste figure spesso sono teste dissaldate dalle statue greche o romane, volti delle divinità femminili, Veneri di una bellezza classicheggiante, dee pagane venerate in quella parte di Mediterraneo, che è l’Albania, o comunque simboli inequivocabili della cultura mediterranea.
Continuando nel percorso espositivo, ecco apparire le prime opere, sia su tela che modellate, che presentano il simbolo della chiave.
La prima tela, esposta all’Arcos, che identifica la chiave come immagine iconica dell’arte di Milot, è datata 2008, e nell’ultimo decennio di produzione artistica, le chiavi saranno un simbolo ricorrente nei lavori dell’artista italo-albanese.
Questo simbolo rappresenta uno strumento per aprire i cuori alla conoscenza e alla diversità, non più oggetto del quotidiano, ora le troviamo distorte, piegate, curve, inutilizzabili, quindi non più strumento di chiusura.
Non di rado questi dipinti si presentano come dittici, trittici o in alcuni casi anche polittici, e si dispiegano su telai di grandi dimensioni.
In questo suo continuo viaggio verso una Itaca immaginaria e molto lontana, non può essere casuale il suo forte legame con l’oriente e in modo particolare con l’ambiente artistico cinese, dove ha avuto modo, in questi ultimi anni, di intessere rapporti continui con artisti del luogo di alto spessore e di esporre in diverse sedi museali di primo piano, tra le altri ricordiamo la partecipazione alla XI edizione della Biennale di Pechino, così come ricevere riconoscimenti e premi per il suo operato. (Premio Internazionale in Pittura al Museo Cube Museum , “Art Water Cube ” 2 edizione Beijing Cina 2012)
Riconoscimenti alla sua arte sono arrivati da diversi paesi:
oltre ai già citati cinesi, tra gli altri possiamo ricordare quelli ottenuti all’“Olympic Fine Arts London nel 2012, ricevendo la Medaglia d’oro in Pittura al Museo Barbican Centre, il primo premio in pittura al Museo della Permanente a Milano (1999), premio “Il Miglior Artista del Anno ” (2012) al Napoli Cultural Classic, il Premio “Il Miglior Artista Albanese in Italia ” a Pistoia, il Primo Premio in Scultura ”Art Roma 2016″ al Museo Stadio di Domiziano, Roma (2016), .
Lo scorso anno l’artista ha donato al comune di Cervinara, il centro caudino che ha ospitato Milot quando nel 1991 fu costretto a lasciare l’Albania, una monumentale scultura, di oltre 20 metri, denominata “La Chiave di Milot”.
Questo gesto di riconoscenza verso una intera comunità non è passato inosservato, e la storia di Milot, profugo ospitato e integrato nelle nostre comunità e poi artista di respiro internazionale, è stata oggetto di un forte interesse mediatico, non solo in Italia.
Alfred Mirashi Milot, 49 anni, vive e lavora a Firenze.