Paolo Gioli. Anthropolaroid


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Paolo Gioli, Torace, 2007, Polaroid 20×24 and Polaroid transfer print on silk, 21¾ x 27½ in. (55.5 x 70 cm)(artwork © Paolo Gioli)

Presso l’American Academy a Rome, fino al 9 dicembre prossimo è allestita la mostra dedicata a Paolo Gioli (Sarzano di Rovigo, 1942), che si occupa da tempo del corpo umano. Come i suoi film sperimentali, i suoi transfer da Polaroid rappresentano il corpo e i suoi frammenti come mezzo per esaminare la storia e le fondamenta teoriche della fotografia, così come il dialogo di questa con il cinema, la tipografia, la scultura e la pittura. La mostra illustra non solo il virtuosismo tecnico dell’artista, ma anche le sue profonde riflessioni sulla forma umana e sul corpo politico fratturato.

La mostra è curata da Peter Benson Miller (anche editore del catalogo pubblicato per l’occasione), Andrew Heiskell Arts Direttore all’American Academy in Rome e l’evento fa parte della serie New Work in the Arts & Humanities: The Body, promosso dalla stessa Accademia americana per l’anno accademico 2018-2019.

L’artista ha studiato pittura e nudo all’Accademia delle Belle Arti di Venezia e, dopo aver passato un anno a New York alla fine degli anni ‘60, fu tra i primi artisti a padroneggiare i trasferimenti Polaroid dopo l’introduzione del film SX-70 nel 1972. Da allora, ha prodotto una vasta gamma di opere formalmente complesse con la gelatina e strati di colorante di emulsione Polaroid. Utilizzando fotocamere a foro stenopeico e supporti di carta e seta alternativi, Gioli sposa le procedure più elementari della prima fotografia a un uso sofisticato del film in un unico passaggio creato da Edwin Land, cofondatore della Polaroid Corporation. Tra i tanti paradossi fruttuosi dell’opera di Gioli c’è il modo in cui crea immagini senza tempo condensando una vasta iconografia tra spontaneità e abili operazioni con pellicole.

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