I Capolavori del Trecento tra Spoleto e l’Appennino centrale


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Maestro di Fossa, Crocifissione, affresco staccato, prima metà XIV secolo, Trevi, Raccolta d’Arte di San Francesco

Da un po’ di tempo a questa parte alcune mostre stanno sperimentando un’evoluzione strutturale e per certi versi necessaria: non più in una sola sede, bensì in più luoghi, legati naturalmente al tema proposto. Pensiamo a “Il Rinascimento di Gaudenzio Ferrari”, ancora in corso fino al 1 luglio, che tocca le tre città in cui operò il maestro valsesiano (Varallo, Vercelli e Novara).

Un altro interessante esempio al riguardo è “Capolavori del Trecento. Il cantiere di Giotto, Spoleto e l’Appennino” che inaugurerà il 24 giugno e proseguirà fino al 4 novembre in quattro sedi espositive: il Complesso Museale di San Francesco a Montefalco, lo Spazio Arte Valcasana a Scheggino, il Museo Diocesano e il Museo Nazionale del Ducato di Spoleto, il Museo di San Francesco a Trevi. A completamento una serie di itinerari che toccheranno l’Umbria, le Marche, il Lazio e l’Abruzzo.

I curatori Vittoria Garibaldi, Alessandro Delpriori e Bernardino Sperandio hanno selezionato settanta dipinti a fondo oro su tavola, sculture lignee policrome e miniature che illustrano la civiltà storico-artistica, civile e socio-religiosa nell’Italia centrale del primo Trecento.

Anni in cui la scena dell’arte è appannaggio dei senesi Simone Martini, dei Lorenzetti e soprattutto di Giotto che ad Assisi aveva appena terminato gli affreschi con le storie di San Francesco nella Basilica superiore, prima di incamminarsi verso Padova e la Cappella degli Scrovegni. Una lezione davvero rivoluzionaria la sua, sia per il trattamento del dato spaziale, sia per la narrazione delle scene che per gli inconfondibili cromatismi.

L’influsso giottesco arriva in quei luoghi ancora legati a un tipo di cultura bizantineggiante, come dimostrano appunto le tavole a fondo oro che sono poi le grandi protagoniste della mostra. Molte – ricordiamolo – esposte per la prima volta al grande pubblico, altre in prestito da istituzioni come la Fondazione Cini di Venezia, il Museo Poldi Pezzoli di Milano, l’Alana Collection di Newark (USA) e il Musée Marmottan Monet di Parigi che ha prestato L’Incoronazione della Vergine e Storie della morte della Vergine, tempera e oro su tavola del Maestro di Cesi, che dopo oltre un secolo tornerà ad affiancarsi al Crocifisso con Cristo trionfante con cui condivideva il luogo d’origine: il monastero di Santa Maria della Stella a Spoleto.

I nomi degli autori delle opere sono perlopiù anonimi, come il Maestro di Fossa, il Maestro di Cesi e il Maestro di Sant’Alò, ma questo poco importa. Conta invece osservare come il linguaggio pittorico viene a cambiare dopo l’incontro con Giotto, i Lorenzetti e Simone Martini. Da statiche e ieratiche le figure acquistano movimento e una loro autonomia all’interno del dipinto. Si badi bene che ciò avviene con un’espansione graduale che non parte da un singolo luogo, ma da centri comunque confinanti tra loro, a testimonianza del vivace scambio culturale di quegli anni.

Per riuscire a far comprendere meglio l’ambiente, gli organizzatori hanno pensato a ricreare un’autentica bottega d’artista medievale, dove sarà possibile osservare come si realizzavano fondi oro, sculture, miniature, oreficerie, affreschi. Gli stessi procedimenti descritti da Cennino Cennini nel “Libro dell’Arte”, pubblicato a inizio del XV secolo, ovvero un secolo dopo le vicende raccontate dalla mostra umbra che farà luce su aspetti finora messi un po’ in disparte dalla Storia dell’Arte.

Per maggiori info: www.capolavorideltrecento.it

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