Incontri miracolosi: Pontormo dal disegno alla pittura


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Pontormo, Visitazione, 1528-1530, olio su tela, Carmignano (Prato), Propositura dei Santi Michele e Francesco

Fino al 29 luglio, nella Sala delle Nicchie di Palazzo Pitti di Firenze è allestita la mostra “Incontri miracolosi: Pontormo dal disegno alla pittura”, curata da Bruce Edelstein e David Gasparotto.

La mostra, nata in collaborazione con il J. Paul Getty Museum di Los Angeles e la Pierpont Morgan Library di New York, è una selezione preziosa di opere della maturità di Pontormo, eseguite alla fine degli anni Venti del Cinquecento.

Per questa occasione, e dopo oltre vent’anni, rientra a Firenze l’opera “Alabardiere” messo a confronto sia con il disegno preparatorio agli Uffizi, che con il magnifico “Ritratto di Carlo Neroni” di collezione privata, recentemente scoperto.
Invece, il versante religioso della produzione di Pontormo è rappresentato dalla “Visitazione” di Carmignano, anch’essa esposta per la prima volta insieme al relativo studio a matita nera degli Uffizi, quadrettato per il riporto sulla tavola.

L’“Alabardiere” è oggi conservato al Getty Museum di Los Angeles (che lo acquistò nel 1989 alla più che considerevole cifra di 32,5 milioni di dollari). La disputa se si tratti del ritratto di Francesco Guardi, giovanissimo soldato della Repubblica Fiorentina, o del giovane Cosimo de’ Medici, figlio di Giovanni delle Bande Nere, non è ancora giunta all’atto finale per quanto ormai la prima ipotesi sembri prevalere. Insieme all’“Alabardiere” sono esposti anche il “Ritratto di giovane uomo con berretto rosso”, di Pontormo, proveniente da una collezione privata londinese e il “Pigmalione” attribuito al Bronzino che si avvalse di due disegni originali del suo maestro, qui in mostra. Non poteva mancare uno dei capolavori di Jacopo Carucci da Pontorme (Empoli), ossia la “Visitazione” di proprietà della pieve dei Santi Michele e Francesco di Carmignano alla quale il recente restauro ha reso gli smaglianti colori. L’accompagnano, nella Sala delle Nicchie, i due disegni preparatori e l’incisione di Dürer, “Quattro donne nude”, al quale il Carucci si sarebbe ispirato per definire il gruppo di donne della pala.

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